La polveriera del Libano.

di Salvatore Falzone. In Libano la situazione dei profughi è drammatica. Nel piccolo Paese dei Cedri sono affluiti, dall’inizio della guerra siriana, oltre 1 milione di persone. Se si tiene conto che l’intera popolazione libanese oscilla intorno ai 4,5 milioni di abitanti e includendo i profughi palestinesi intorno ai 400 mila, si può capire come le istituzioni libanesi siano sotto una forte pressione politica, sociale ed economica. In definitiva il Paese rischia la propria apparente stabilità, in un quadro di per sè assai frammentato. In questo contesto si sono registrati vari scontri all’interno dei campi. Situazioni cicliche e costanti, basti ricordare nel 2007 quando il gruppo terroristico Fatah al Islam, accusato di vari attentati a carico di figure di spicco della politica libanese, scatenò una violenta lotta all’interno del campo di Nahr al Bared, a nord di Tripoli, innescando la reazione dell’esercito libanese. Negli ultimi mesi è il campo profughi di Ain al-Hilweh, a sud di Sidone, a destare parecchie preoccupazioni. Il campo ospita oltre 80 mila persone tra rifugiati palestinesi, siriani e immigrati di altre nazionalità. In Libano i rifugiati palestinesi sono sparsi in 12 campi ufficiali e in tanti altri sorti non ufficialmente. I servizi vengono forniti dall’Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l’Occupazione (UNRWA). Nei campi le autorità di Beirut, in seguito ad un accordo del 1969, non possono entrare. La situazione è allarmante, infatti vi sono diverse organizzazioni dedite al contrabbando di armi, alla logistica e formazione di gruppi terroristici. Da febbraio di quest’anno si è accesa la lotta tra i diversi movimenti che si richiamano ad Al Qaeda e allo Stato Islamico, Dawla al islamiya, che si contrappone all’OLP o alla parte di essa che si identifica nel partito Al Fatah, il partito del presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, Abu Mazen. A complicare ulteriormente la situazione è la decisione del governo libanese di costruire una “cinta muraria” attorno al campo. Secondo le posizioni dell’Esecuto si tratta di una misura atta a proteggere la popolazione che vive all’interno del campo dall’infiltrazioni degli estremisti; secondo le organizzazioni umanitarie e palestinesi si tratta, invece, di “dividere ed emarginare” ancora di più i rifugiati che già per legge non possono svolgere parecchie professioni in un contesto dove il tasso di disoccupazione è molto elevato e chi trova un lavoro, con salari bassi, non gode di tutela sociale. Ancora una volta il Libano rischia di essere risucchiato dalle varie tensioni interne e regionali.

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