La Merkel perde anche Berlino. Ora la profuga è lei!

di Salvatore Tramontano. Siamo tutti berlinesi. Perché i tedeschi stufi della Merkel, sono capaci di ribellarsi, mentre noi invece da Monti in poi, complice il patto di Angela con Napolitano, continuiamo a essere succubi. Renzi puntualmente rilascia dichiarazioni di rivolta, che non trovano mai riscontro nella realtà, lasciando l’Italia ostaggio perenne della politica
della Merkel soprattutto per quanto riguarda economia e immigrazione. Il partito di Angela Merkel perde la capitale tedesca. È una ribellione contro l’Europa dei leader cadenti. È la democrazia che rialza la testa contro il potere dei miopi. Contro Hollande e contro la signora dell’austerity. Magari in Italia non ricordiamo neppure più bene cosa sia, ma in Germania c’è ancora. Si chiama democrazia. Funziona più o meno così, quando un governo non convince più i cittadini c’è la possibilità di cambiarlo, senza drammi, senza giochi di palazzo, senza giudici, senza lesa maestà, senza presidenti della Repubblica machiavellici e malfidati, senza inganni. Semplicemente, si vota. L’idea è perfino banale. Gli elettori non sono incoscienti, masochisti o sovversivi come pensano gli oligarchi italiani (ed europei) che hanno in Napolitano la maschera perfetta. In Germania il voto è ancora sacro. Potrebbe così capitare che l’avventura governativa di Angela Merkel fosse vicina al capolinea. I sondaggi dicono che i tedeschi sono delusi dalla cancelliera. Non convince la sua linea politica sull’economia, sull’Europa, sull’immigrazione, sull’integrazione culturale e sociale. Il suo indice di fiducia è calato dall’80 per cento al 52, molto più alto di quello di Renzi qui in Italia, ma in Germania storicamente è a rischio per un premier in carica. C’è voglia di cambiare, di svoltare, di trovare nuove risposte a problemi che si sono incancreniti, di punire i leader europei che si stanno incartando sempre negli stessi errori. Se la Merkel è messa male il suo partito è messo peggio. La Cdu non governa più alcuna delle prime dieci grandi città tedesche e se lo fa è sempre partner di minoranza dei socialdemocratici. È il segno che tutta una classe dirigente ha fatto il suo tempo. Forse perché ha governato troppo e ha perso slancio e idee. A Berlino ha preso un’altra mazzata, perdendo fra il 5 e il 6 per cento. Quello non sarebbe nulla, altrettanto ha perso la Spd, ma questa continua a governare mentre la Cdu è di fatto fuori visto che i suoi voti sommati a quelli della Spd non bastano a garantire una giunta – per cui la sinistra una maggioranza andrà a cercarsela da un’altra parte. L’orizzonte politico tedesco è quindi complicato come quello italiano, ma a differenza di ciò che accade da noi si chiede agli elettori, e non al Palazzo, di trovare una via d’uscita. Non si usano le riforme in modo strumentale per permettere a una classe dirigente inefficiente di tirare a campare. Ed è una differenza non da poco.

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