La malattia dell’Europa non è l’euro, ma la mancanza di coraggio!

di Giuseppe Turani. Qualcuno ha fatto notare che, se l’Italia ha fatto segnare nel terzo trimestre dell’anno una decrescita dello 0,1% e la Germania una crescita dello 0,1%, in fondo non c’è molta differenza: tutti e due i paesi, in realtà, stanno girando intorno allo zero. Le differenze vengono fuori quando si confrontano i dati della crescita con l’analogo trimestre dell’anno scorso. Allora si vede che la Germania cresce dell’1,2% mentre l’Italia scende dello 0,4%. Una differenza quindi c’è, ma si tratta di poca cosa. Se torniamo ai dati del terzo trimestre sul precedente, si vede che l’Europa a 28 membri è andata su dello 0,3% e quella a 18 membri (che sono quelli dell’area euro) dello 0,2. Basterebbero già questi due dati per smentire quelli che dicono che qui si sta male per colpa dell’euro. I dieci paesi europei che non usano la moneta unica, ma hanno le loro monete nazionali, non è che se la passino molto meglio. Il problema, quindi, non è l’euro ma l’Europa che non cresce.
E qui si può ricorrere alla storia dei 3 numeri: l’Europa ha il 7% della popolazione mondiale, produce il 25% del Pil mondiale, ma consuma il 50% del welfare mondiale. Gli europei, cioè, si trattano troppo bene rispetto alle loro possibilità. Naturalmente, pagano un prezzo per tutto ciò: una montagna di tasse. Tasse che soffocano la crescita. Ma è evidente che siamo in presenza di una situazione molto sbilanciata e che non può durare a lungo. Per il momento ne risulta limitata la crescita, più avanti si scoprirà che sarà impossibile (con i numeri che abbiamo appena visto) cercare di avere uno sviluppo significativo. In questo senso, l’Europa appare come un Continente condannato. E non c’entra niente l’euro. Sono proprio i suoi dati di base a essere sballati. Esiste una via d’uscita? Magari salvando buona parte del welfare oggi esistente (e che è molto comodo)? Probabilmente sì. L’Europa dovrebbe fare una rivoluzione: dovrebbe imparare, cioè, a funzionare con Stati molto leggeri e che costano poco. E dovrebbe puntare con decisione sul “nuovo”: sarà un caso ma tutte le novità (da Internet all’iPhone) sono arrivate dagli Stati Uniti. Non siamo però alla fine del progresso: c’è ancora tanto da inventare e da implementare. Basta darsi da fare. Se l’Estonia (cioè il paese europeo meno rilevante di tutti) ha inventato Skype e Kazaa (noi avevamo inventato l’MP3), questo significa che ci sarebbe posto per altre innovazioni. L’Europa, invece, appare disperatamente votata nella sua impossibile difesa di un welfare e di organizzazioni statali che ogni anno perdono di senso invece di puntare con decisione sul nuovo (e quindi su più alti rendimenti). In sostanza, la malattia europea non è l’euro, ma il non avere il coraggio di guardare avanti e di riformare se stessi.

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