La grande vergogna.

di Clemente Luciano. Le immagini trasmesse dalle tv di tutto il mondo delle mamme che all’aeroporto di Kabul danno  i loro bambini ai soldati stranieri  sono qualcosa di straziante.

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Queste donne sono disperate nel momento in cui si staccano  dai loro figli ma sanno che solo così possono metterli in salvo, perchè sanno, altresì, cosa significa far vivere un figlio sotto i talebani: all’età di 11-12 anni i bambini diverrebbero già soldati, strumenti di morte e le bambine verrebbero date in moglie ai combattenti.

Nel vedere le migliaia di persone in fuga all’aeroporto di Kabul, capiamo quanto sia spaventoso quello che sta accadendo in Afghanistan: la vita di tanta gente è stata sconvolta in poche ore. Tutte le conquiste fatte negli ultimi 20 anni, come l’indipendenza, la scolarizzazione, la laicizzazione della società sono state spazzate via con l’arrivo dei talebani.

Di fronte al triste epilogo della “avventura” occidentale in Afghanistan, si rimane allibiti.

E’ ormai chiaro che l’Occidente sta rinnegando quelle motivazioni che portarono le truppe in quelle terre e cioè la cosiddetta “esportazione della Democrazia” e quel “nation building”, la costruzione di uno Stato, con l’abbandono al loro destino di decine di migliaia di afghani che ha prima “liberato”, poi illuso, poi infine vigliaccamente tradito, e ai quali ora non sa offrire nemmeno semplice protezione.

Il punto è che quella teoria della “esportazione della democrazia” che gli Usa hanno raccontato al mondo non esiste più, evaporata nella strategia di un disordinato e caotico ritiro. Il fatto è che senza quella narrazione, l’Occidente è nudo.

Perché oggi la verità è quella di un Occidente che batte in ritirata, incapace di difendere i suoi valori democratici, sempre più accerchiato da regimi autoritari che non rispettano lo stato di diritto, dai talebani a Erdogan fino all’Egitto di al Sisi, senza parlare degli esempi europei, come l’ungherese Orban.

Il fallimento di quella teoria, in fondo, è stato ammesso dallo stesso  Joe Biden, presidente di quegli USA dove l’11 settembre 2001 tutto è cominciato con l’attacco alle Torri Gemelle e la susseguente reazione degli Usa e dei loro alleati europei con l’occupazione dell’Iraq e dell’Afghanistan. Sarà difficile – ha detto Biden – affermare i valori occidentali  in Afghanistan. Così le parole di Biden segnano la disfatta di oggi.

Di più: gli USA, potenza egemone dell’Occidente, non evocano più valori democratici da “seminare” nel mondo, ma si rassegnano a trattare con un governo fondato sulla Sharia.

Oltretutto Biden è stato anche vigliaccamente bugiardo quando ha affermato che il “nation building”, la costruzione di uno Stato, non era mai stato un compito della missione in Afghanistan, offendendo, così,le migliaia di militari e civili, tra cui tanti italiani, che in quel paese sono andati e anche morti proprio per aiutare gli afghani a mettere su un sistema giuridico, una polizia, un esercito, una scuola per tutti, un apparato sanitario.

E se non fossimo scappati, qualcosa di buono l’avremmo pure lasciata.

Ma gli USA non hanno perso la guerra di Afghanistan sotto l’aspetto militare. Ciò che l’America ha perso, e tutto l’Occidente con lei, è piuttosto la sfida politica, civile e morale, perchè adesso gli USA e l’Europa non sono più credibili e affidabili per qualsiasi altra operazione tesa a tutelare i diritti di libertà in altre parti del mondo, a partire da Taiwan.

Adesso l’Occidente può fare adesso solo due cose: nascondere la faccia per la vergogna; oppure salvare il salvabile, per aiutare gli afghani. Innanzitutto portando via in queste ore da Kabul il maggior numero di profughi, dichiarandosi disponibili all’accoglienza, invece di alzare muri come già qualcuno sta facendo.

Perchè ora l’Occidente è in ritirata, ripiegato su se stesso, bisognoso del soccorso di autocrati come Erdogan per gestire l’immigrazione. Il sultano turco, infatti, si propone come mediatore con i talebani per gestire la crisi dei profughi afghani, anche se lui rifiuta di accoglierli.

Ma c’è di più. Da questa storia l’Occidente viene fuori diviso. La crisi afghana lascia una profonda cicatrice nei rapporti tra Ue e Usa, che dopo la parentesi isolazionista trumpiana (America first) che sembravano ricuciti nel G7 dello scorso giugno in Cornovaglia. Agli europei resta il rancore per non essere stati messi a parte dei piani di ritiro americani, concordati con i talebani e non in ambito Nato. A Biden resta il compito difficile di ricostruirsi l’immagine, danneggiata dalle polemiche in patria,di matrice sia democratica che repubblicana, per il “fiasco” afghano (“il ritiro ci macchia di sangue” ha detto un parlamentare USA”).

L’Occidente è sotto assedio e non è nemmeno più autorizzato a parlare di democrazia: vera o finta che fosse la favola di vent’anni fa, sui valori della democrazia, almeno questa veniva evocata. Ora vince l’etica emergenzenziale, vincono gli egoismi e i sovranismi nazionalistici (“America first”, e prima gli Stati nazionali, secondo la più bieca e vieta narrazione delle destre europee).

Con la vergogna di Kabul non c’è più una strategia occidentale di lungo periodo, e non c’è nemmeno l’orgoglio che ogni identità democratica dovrebbe avere per convivere con le altre. Resta in piedi, invece, la barbarie talebana che costringe l’Occidente a obbedire alle sue leggi e a rinnegare i propri valori.

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