La difesa del bene comune non è antipolitica.

di Maria Pia Caporuscio. I partiti politici nel nostro paese nascono per garantire ad un gruppo di “amici” una vita senza problemi (da nababbi) altroché per passione politica finalizzata alla salvaguardia del bene comune. Se davvero fosse così ogni parlamentare sarebbe libero di votare una legge da lui ritenuta giusta per il paese e rigettare quelle che ritiene ingiuste, invece sono costretti a votare secondo le direttive del partito, seppur contrarie alla propria coscienza. Si può davvero chiamare “politica” questa “organizzazione affaristica”? E gli appartenenti considerarli “politici” o chiamarli col nome più appropriato di arrampicatori sociali o meglio anti-politici?
Questi soggetti ne capiscono qualcosa di politica? Sanno che fare politica significa mettersi al servizio della gente? Sono consapevoli che le loro azioni e ogni loro gesto deve essere indirizzato a risolvere i problemi del paese, accantonando i propri? Che fare politica significa abnegazione, sacrifici, capacità professionali, onestà, passione e amore per il proprio paese e per i connazionali? Lo capiscono che un politico deve curare gli interessi dei cittadini che lo pagano “per questo” e non per curare quelli del partito di appartenenza? E che è loro preciso dovere battersi anche brutalmente contro chi impone il contrario? Probabilmente no! E dunque è sacrosantamente giusto che i cittadini si ribellino e li caccino a pedate dalle proprie istituzioni. Ribellarsi non è antipolitica ma esattamente il contrario se ci si ribella contro le ingiustizie! Questi politicanti stanno dimostrando che a fare “antipolitica” sono proprio loro! E’ antipolitica questo corrotto, indecente modo di agire, dove si depredano le risorse pubbliche per affidarle alla mafia, alla camorra, alla ndrangheta e insieme dividersi il bottino saccheggiato agli italiani. La smettessero una volta per tutte di negare l’evidenza, che abbiano almeno il pudore di ammetterlo, di essere entrati in politica non certo per il bene del paese ma per il proprio, come dimostrato anche dall’ultima vergogna commessa alla vigilia di Natale, col ritiro della legge sul fisco, che dimostra quanto siano inaffidabili. Questi miserabili vigliacchi hanno aggiunto di nascosto una norma salva delinquenti, ben sapendo il danno che ne sarebbe derivato al paese che dicono di “governare”, quando in realtà si continua (come nulla fosse) a depredare! Quei politici (che si ritengono onesti) non discutono se quella norma serva a recuperare le entrate fiscali oppure ad agevolarne l’evasione, né se servono davvero a decongestionare i carichi giudiziari o a favorire amici e conoscenti. Non si discute se è normale incoraggiare i grandi evasori ad evadere di più, trasferendo i soldi rubati agli italiani, nei paradisi fiscali a danno di chi, al contrario, è costretto a pagare tasse da usura, per mantenere in piedi lo Stato e questa degenerata classe politica (che li ringrazia a calci in faccia). Non si discute sull’immoralità di chi agisce di nascosto come i ladri e di cancellare questa legge-vergogna che sarà (poveri noi) ripresentata dopo l’elezione del nuovo presidente della Repubblica. Come vogliamo considerare quest’accozzaglia se non degli inutili e dannosi buffoni, che insozzano il nostro Parlamento? Purtroppo questa gente immobilizza il paese ed alimenta il malaffare e la corruzione, distruggendo e per sempre, la crescita etica, economica e sociale dell’Italia. Con questi esseri sarà inutile ogni speranza per una sana e seria riforma, che riporti la giustizia in questo disgraziato paese. Dobbiamo dunque rassegnarci ad avere una classe dirigente indecente che impedisce ogni e qualsiasi possibilità di un ritorno alla legalità? Perdere ogni possibile speranza che fermi questi miserabili e l’oscena crescita dei loro assurdi privilegi? Davvero siamo ancora disposti a subire lo sciacallaggio e lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo da parte di chi è pagato per difendere la legalità e la giustizia?

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