La crisi del M5S come crisi della politica postmoderna.

di Gerardo Lisco. La crisi del M5S è iniziata il giorno stesso in cui ha vinto il referendum sulla riduzione del numero dei parlamentari. Quella che è stata la più grande vittoria del movimento è stata nel contempo l’inizio della crisi.

Con quella vittoria il M5S ha “aperto il Parlamento” ma, essendo un “non partito” privo di struttura organizzativa e con una cultura politica liquida, post moderna e destrutturata, ha perso contemporaneamente parte del potere di negoziazione dovuto all’essere soggetto di maggioranza relativa. Il potere di negoziazione, proprio delle le forze politiche che operano in un sistema Democratico e Parlamentare, non è più in capo al “movimento” come soggetto politico e ai gruppi parlamentari, ma in capo al singolo parlamentare che diventa “imprenditore politico di se stesso”.
Uno vale UnoL’uno vale uno, slogan già di per sé iperindividualista, viene esaltato ancora di più in un Parlamento che ricorda quelli ottocenteschi in cui i partiti politici ancora non esistevano. Come spiega bene il sociologo della politica Paolo Gerbaudo nel saggio “I partiti digitali”, il M5S con Podemos, Piraten ed altre formazioni simili sono fenomeni politici nati dalla crisi economica e di rappresentanza degli anni dieci di questo secolo.

I “partiti digitali” hanno rilanciato la partecipazione politica ponendosi al di là della tradizionale divisione di destra e sinistra utile solo alle elite per attribuirsi il ruolo di governo e opposizione non certamente per proporre e fare politiche economiche e sociali alternative. Paolo Gerbaudo nel proprio saggio evidenzia i limiti e i pericoli insiti nei “partiti digitali” ed oggi, vista la crisi che interessa sia il M5S che Podemos, le criticità evidenziate emergono al punto da poter dire che siamo in presenza della fine di questi fenomeni politici. Le soluzioni che i due soggetti politici stanno mettendo in campo sono entrambe di corto respiro. Podemos tenta la carta della femminilizzazione e delle identità di genere, un po’ ciò che nel suo piccolo fa Sinistra italiana.

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Il M5S da una parte tenta la carta Conte, dall’altra punta a recuperare le origini del movimento attraverso la figura di Grillo. Ho citato la crisi che interessa Podemos solo per evidenziare come la crisi del M5S non sia un fatto isolato ma riguardi tutti i soggetti politici nati sull’onda della contestazione seguita alla crisi del 2008 – 2010. Le soluzioni alla crisi del M5S sono di corto respiro perché gravitano nell’area di consenso a Draghi, infatti tanto Grillo quanto Conte sono entrambi per continuare a sostenere l’attuale governo.

La soluzione alla crisi del M5S passa attraverso la sfiducia al Governo Draghi e la capacità di mettere in campo una proposta politica in grado di coagulare tutto ciò che all’interno della società italiana è alternativo al sistema di Governo Draghi su temi quali: politica economica, politica fiscale, piena occupazione, sanità, istruzione, università e ricerca pubbliche, potenziamento della Pubblica amministrazione, politiche di coesione nazionale al fine di recuperare le periferie sociali e territoriali, politiche redistributive, economia mista.

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Purtroppo il M5S non è in grado di portare a termine l’unica operazione che potrebbe ridargli centralità proprio a causa del suo essere un movimento politico post moderno e liquido. Un’operazione di questo genere può essere portata avanti solo da una formazione politica che come la testuggine romana opera “come un sol uomo”. In tanti abbiamo auspicato che il M5S assumesse una fisionomia socialdemocratica, come in tanti abbiamo auspicato un’alleanza di Governo tra M5S, PD e LeU nella speranza che il PD ritornasse ad essere, se non proprio un partito socialista, una formazione politica quanto meno legata ai valori rappresentati dalla dottrina sociale della Chiesa. Invece è successo il contrario, è stato il M5S ad avvicinarsi al PD mutuandone le caratteristiche peggiori. Il M5S oggi è un insieme di filiere che si reggono per il solo fatto di essere parte integrante del sistema di potere organizzatosi attorno agli interessi che sostengono il Governo Draghi.

Il dato peggiore è che Draghi non ha nemmeno bisogno che il M5S lo sostenga, è consapevole che nel caso in cui il movimento decidesse, per una qualche recondita ragione, di sfiduciarlo, una parte non indifferente dei parlamentari M5S, pur di completare l’intera legislatura, sarebbe disposta a votare qualunque cosa. Questa ipotesi avremmo modo di verificarla alle elezioni del Presidente della Repubblica. La crisi del M5S non è solo crisi del movimento è insieme crisi della nostra Democrazia e della politica post moderna. La carica riformatrice contenuta nel movimento è ormai spenta, come si evince dai provvedimenti che il Governo Draghi sta varando.

A questo punto cosa auspicare? Non penso che tutti i parlamentari del M5S siano dei parvenu, sono convinto che alcuni di loro abbiano anche un coscienza politica, per cui spero che siano costoro a prevalere. Per quanto riguarda la scelta tra Conte e Grillo più che il “chi” conta molto il cosa proponga. Per adesso il confronto tra i due mi sembra che riguardi più la leadership del movimento che una reale differenza di posizione su questioni essenziali come appunto le politiche economiche e sociali, per cui sono in attesa di “leggere” le carte.

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