Juve, vincere non basta più. Devi Stravincere!

di Alberto Sigona. Lo Scudetto della Juventus non è stato osannato dalla critica, evidentemente troppo viziata dai tanti Titoli italiani conseguiti da Madama in quest’ultimo decennio…
LO SCUDETTO DELL’INGRATITUDINE. Nella storia della Serie A non era mai successo che la vincitrice del campionato, anziché – come logica comanda – essere incensata ad oltranza, venisse messa alla berlina e sommersa da una vera e propria catasta di critiche.

Sin dalla “notte dei tempi”, quando una squadra si fregia dello Scudetto, i complimenti s’insinuano in ogni dove, addentrandosi fra i meandri d’ogni disquisizione, sottraendo la scena ad ogni congiunzione avversativa.

Tuttalpiù ci si limita a suggerire qualche ritocco per accrescerne le potenzialità, senza spingersi oltre quelle considerazioni che possano inficiare, anche minimamente, il valore del trionfo, che, in quanto tale (per definizione), non può certo calamitare su di sé riprovazioni di alcun genere.

Ebbene, per la prima volta da quando esiste la massima divisione, ciò non è avvenuto. Con buona pace di chi, dopo il 9° Tricolore di seguito, si attendeva le solite lodi di circostanza. Così il Titolo acquisito dalla compagine di Maurizio Sarri (il primo per l’ex tecnico del Napoli) ha originato, per quanto possa apparire incoerente con la realtà, pochi apprezzamenti, molti dei quali, fra l’altro, generati quasi controvoglia, come se si dovesse adempiere forzatamente ad una sorta di… servizio imposto dagli eventi e dalla tradizione anziché per sincera convinzione.

Quindi a farla da padrone sono state le obiezioni, i rimproveri, le riprovazioni e le severe condanne. A sentire certi opinionisti, sembrava che si stesse dissertando su di un team di bassa classifica, o comunque che aveva appena fallito tutti gli obiettivi prefissatisi. Di certo non s’intuiva per niente che si stesse argomentando su di una squadra che aveva conquistato il Titolo di Campione d’Italia.

TROPPA GRAZIA SANT’ANDREA. I motivi di cotanta ingratitudine vanno ricercati sicuramente nella stessa Juventus. Questi 9 anni di sovranità incontrastata hanno procreato un’inflazione smisurata delle aspettative in tifosi ed addetti ai lavori – con conseguente marcata svalutazione del Titolo nazionale – tanto che i bianconeri, non solo si vedono obbligati a vincere in ogni stagione “almeno” il Campionato, ma la piazza oramai pretende che la propria equipe di volta in volta si spinga sempre un po’ oltre l’asticella del possibile.

E non mi riferisco esclusivamente a quel trionfo in ambito internazionale che sembra abbia piantato le tende su lidi remoti ed inesplorabili. Circoscrivendo le rivendicazioni nell’ambito della Serie A, ci si attende che la ‘zebra’ di Andrea Agnelli vinca praticamente tutte le sfide, e che lo faccia concedendo il nulla all’avversario di turno, che, sulla base non si sa bene di cosa, deve essere puntualmente annichilito nella maniera più totale, senza se e senza ma, conseguendo il Titolo in tempi esageratamente precoci, esibendo un gioco superlativo, meraviglioso, ben al di là delle possibilità umane.

Si è sempre detto che una grande squadra è condannata a vincere sempre e comunque, ma alla Signora vincere non basta più (è ritenuto il minimo sindacale!?). Alla società bianconera occorre necessariamente stravincere sotto ogni aspetto, annientando tutti e tutto senza la benché minima incertezza.

Così, se il trionfo non è riconducibile ad una magnificenza iperbolica, vuol dire un mezzo fallimento.

E critiche giù a valanga. Come verificatosi in questo 2019-2020, in cui nemmeno l’attenuante (tutt’altro che generica) del Covid è servita ad ammorbidire certe invettive, per una visione che per certi versi esula dalla realtà. E che naturalmente non rende giustizia ad una Juve che, anche se non è stata fra le più possenti del decennio d’oro, di certo non merita la deplorazione assoluta.

Anche perché, in un mondo in cui i risultatati contano più d’ogni altra trattazione (ci hanno sempre insegnato così, no?) – pensiero sul cui altare sono stati arsi vivi tanti allenatori di bel gioco -, appare decisamente assurdo ed in antitesi con la congettura dominante che lo splendore intrinseco di uno Scudetto – quantunque conseguito da una grandissima squadra dalle enormi ambizioni – debba essere “incupito” dal gioco non trascendentale espresso da Madama.

Specie quando lo si è vinto in surplace, spadroneggiando dal principio alla fine (respingendo attacchi provenienti da più fronti), senza mai correre seri rischi. E forse la “colpa” della Vecchia Signora è stata proprio questa: l’aver vinto senza pericolo.

Non a caso il drammaturgo francese Pierre Corneille un giorno ebbe a dire: “A vincere senza pericolo, si trionfa senza gloria”.

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