Intervista di A. Sigona al divulgatore storico il Prof. Ermanno Ferretti.

di Alberto Sigona. Intervista al divulgatore storico, Prof. Ermanno Ferretti.

Professor Ferretti, lei da diversi mesi pubblica video didattici su “Youtube” (di storia e filosofia), e con le sue spiegazioni chiare ed essenziali (nel senso che riassumono molto bene i vari argomenti), sta diventando una piccola star del web. In effetti sono tanti gli studenti (e non solo) che la seguono costantemente nei suoi “resoconti”, e la schiera degli aficionados promette di crescere ancora. Ma qual è il segreto del suo successo?

Credo che semplicemente ci sia voglia di conoscere e che questo particolare momento storico abbia fatto emergere questo desiderio. A vedere i miei video sono sia studenti (delle superiori e dell’università), sia semplici curiosi che mi scrivono dicendo di aver sempre avuto il pallino della storia e della filosofia, ma non aver mai avuto il tempo o l’occasione di dedicarsi a questi argomenti. La pandemia ha offerto loro l’occasione di ritagliarsi un po’ di tempo per tutto questo. Io poi credo di avere uno stile semplice (ma spero non semplicistico), che consente anche al neofita di avvicinarsi a certi temi.

Molti studenti, purtroppo, vedono la storia come un’incombenza noiosa e “pallosa” (per usare un linguaggio da millennials). Cosa dovrebbe fare la scuola per “coinvolgere” gli studenti e farli appassionare a questa disciplina?

Ho visto da poco un’intervista ad Alessandro Barbero in cui affermava che è inevitabile che alle superiori la storia risulti noiosa, perché non si può avere il tempo di approfondire i temi e si è costretti a ridurla all’osso, perdendone il fascino. Sono d’accordo in parte con quest’affermazione: è vero che il tempo alle superiori è tiranno e si rischia di ridurre la storia, a volte, a un insieme di fatti noiosi, ma credo anche che pur con queste difficoltà si possa comunque fare un lavoro appassionato e che appassioni almeno in parte i ragazzi. L’obiettivo dev’essere quello di stimolare la riflessione anche personale, mostrare i collegamenti tra le discipline e i ragionamenti dei potenti, le condizioni di vita, il modo di pensare degli uomini e delle donne del passato, non dando un peso eccessivo all’aspetto nozionistico della materia.

Cosa può insegnare la conoscenza della storia all’uomo di oggi?

Tantissime cose, a patto che le si voglia sentire. Basti guardare alla particolarissima situazione che ci troviamo a vivere oggi: per molti rappresenta una novità assoluta, impensabile fino a pochi mesi fa, e questo genera angoscia, rabbia e sentimenti contrastanti. La storia invece ci mostra che momenti come questo sono meno rari di quanto si creda, e che le reazioni degli esseri umani – nonostante i cambiamenti storici – ritornano con una certa regolarità. Insomma, la storia può aiutarci a comprendere meglio il presente, addirittura in certi casi a prevederlo, e a capire come agire per il futuro. Sempre, come dicevo, che si voglia imparare dal passato; il che non è sempre facile né conveniente, perché il passato ci insegna anche cose che non vorremmo scoprire.

Il famoso storico Alessandro Barbero va sempre ripetendo, fra il serio ed il faceto, che la storia c’insegna che non bisogna invadere la Russia. Lei è dello stesso parere?

Be’, sì, è quasi un luogo comune storico: chiunque ci abbia provato è finito male. Ma su questa falsariga i tedeschi potrebbero dire che non bisogna mai allearsi con gli italiani, perché prima o poi ti tradiscono sempre. Insomma, cercare i fatti ricorrenti nel passato è divertente, a volte ci avvicina alla verità, ma non lo fa sempre: le situazioni tendono a ripetersi ma non si ripetono mai esattamente uguali. La novità può sempre arrivare all’improvviso. E, d’altronde, se così non fosse, non esisterebbe il progresso.

A lei la storia cosa ha insegnato?

Oh, be’, tante cose. Fatti, opinioni, vicende, più che altro perché ne ho studiata davvero tanta. Penso però che il lascito più importante sia, paradossalmente, che non si può sapere tutto. Anzi, che in realtà sappiamo molto poco. Me ne sono reso conto per la prima volta in maniera chiara all’università, lavorando alla mia tesi di laurea: per quanto scavassi, per quanto indagassi, per quante cose scoprissi e per quanti documenti portassi alla luce, c’era qualcosa che continuava a sfuggirmi. Qualcosa sfugge sempre, rimane un velo di inconoscibilità davanti ai problemi umani: e quel velo è ineliminabile. La storia quindi dovrebbe insegnarci, prima di tutto, che non dobbiamo essere troppo sicuri di noi stessi, non dobbiamo credere di aver capito tutto. La conoscenza dell’uomo – non solo del suo passato – è un cammino mai concluso.

Se dovesse far appassionare un ragazzo scapestrato alla sua disciplina, da quale affascinante evento storico inizierebbe?

Generalmente i miei studenti si appassionano in particolare alle guerre, soprattutto alle due guerre mondiali. Questi conflitti riescono di solito a scuotere anche i ragazzi meno motivati. A me piace insistere sul lato umano di quelle guerre, su quello che pensavano o sentivano anche gli uomini comuni e sul perché, forse, agivano in un certo modo. Insomma, punterei su quello.

A proposito di eventi storici, quale ritiene il più grande accadimento d’ogni epoca, quello che più di ogni altro ha segnato l’umanità nel bene o nel male?

Oddio, è una domanda impegnativa. Forse in realtà i più grandi accadimenti, o meglio quelli che hanno lasciato più strascichi, sono quelli del passato più remoto: la scoperta del fuoco, l’invenzione della ruota, la scoperta dell’agricoltura. Quelli, di fatto, sono stati passaggi davvero decisivi. Nell’ambito della storia più recente, penso che i fatti davvero più rilevanti non siano le guerre o i mutevoli confini degli stati, ma anche qui le invenzioni: la stampa a caratteri mobili, la navigazione oceanica, in tempi recenti i mass media (dai giornali al computer). Sono cose che magari nei libri di storia vengono liquidate in una manciata di pagine, ma che in realtà hanno avuto un influsso pauroso sugli eventi successivi.

E per quanto concerne i grandi personaggi storici, qual è il suo podio personalissimo (escludendo Gesù Cristo, che è da ritenere fuori categoria)?

Podio scelto esclusivamente sulla base di quelli che mi piace spiegare e presentare ai miei studenti (il che vuol dire che non sono i più importanti in generale, ma quelli a mio avviso più intriganti, nel bene e nel male): Federico II di Prussia, Cavour, Giolitti.

E il più grande Papa?

In senso storico, quelli che ho più studiato e che forse hanno avuto il ruolo più rilevante (anche se in negativo) sono stati, a distanza di molti secoli l’uno dall’altro, Bonifacio VIII e Pio IX. Quello più adeguato ai suoi tempi, forse Giovanni XXIII. Quello che mi affascina di più, però, è Celestino V.

Riallacciandomi ai grandi eventi storici di cui sopra, da secoli ci si interroga sulle cause principali che causarono il famigerato crollo dell’Impero Romano d’Occidente. Lei che idea ha in merito?

Sicuramente un evento così fondamentale fu causato da una miriade di fattori, e ogni storico tende a sottolinearne alcuni piuttosto di altri. Io, pur non essendo uno specialista dell’argomento, ho sempre trovato convincenti le tesi di chi afferma che in realtà non sia del tutto corretto parlare di crollo, quanto piuttosto di evoluzione. Probabilmente i contemporanei, gli uomini del V secolo, non percepirono di essere davanti a un fatto così drastico, capace di cambiare l’Europa quasi da un giorno all’altro, come a volte ci piace pensare; piuttosto, percepirono un lento ma inesorabile mutamento nelle forme dell’Impero. Insomma, la caduta dell’Impero romano non sarebbe stato altro che un riconoscimento formale di uno stato di cose che si era già imposto in maniera più “soft”. Ad ogni modo, le cause di questo cambiamento penso vadano ricercate più dentro all’impero che fuori di esso: ovvero, che certo le invasioni barbariche ebbero un loro ruolo, ma che le cause principali furono legate a un indebolimento delle istituzioni imperiali (a causa di conflitti interni e della crisi economica).

Le invasioni barbariche sono viste dagli storici come una calamità abbattutasi sull’Europa civilizzata. Ma furono soltanto il male assoluto?

No, ovviamente no. Anche perché, se l’Alto Medioevo fu sicuramente un periodo di decadenza, questa decadenza non fu dovuta certo solo al “nemico esterno”, ma anche a un indebolimento interno del sistema. I barbari erano più arretrati sotto diversi punti di vista, ma portarono anche un certo vitalismo; e dalla fusione tra la cultura latina e quella barbara sarebbe sorto – anche se con lentezza – l’impero di Carlo Magno.

Dopo la fine delle grandi invasioni barbariche iniziarono a nascere i Comuni. C’è una correlazione fra i due “fenomeni”?

I Comuni furono l’effetto della rinascita globale dell’Europa, dal punto di vista amministrativo, culturale, economico. Certo, perché tutto questo avvenga c’è bisogno di stabilità e pace; fino a quando i popoli si spostavano portando con loro la guerra, era difficile dedicarsi ai commerci o all’artigianato.

Perché in Italia le istituzioni comunali attecchirono molto prima (e in maniera più capillare) che altrove?

Perché l’Italia era, all’epoca, la zona più ricca ed intraprendente d’Europa. La sua posizione geografica – protesa in un Mediterraneo che era ancora il centro dei traffici europei – la avvantaggiò rispetto a tutti gli altri paesi; la densità di popolazione e il ricordo più vivido delle istituzioni romane fecero il resto.

Dopo l’epoca dell’antica Roma, Carlo Magno e Napoleone furono gli unici ad unificare, in un certo qual modo, l’Europa. Ma perché è stato così difficile conquistare il vecchio continente?

Aggiungerei alla lista anche Carlo V. La difficoltà deriva dal fatto che l’Europa era – ed in buona parte è ancora – un continente molto abitato e soprattutto tecnologicamente molto avanzato. Assoggettarlo con la forza, e soprattutto assoggettarlo tutto, è sempre stato assai difficile, visto che neppure i romani ci riuscirono completamente. Da Napoleone in poi, inoltre, si aggiunse un nuovo problema: quello dell’identità nazionale. Tenere sotto scacco i popoli divenne ancora più difficile.

A proposito di grandi personaggi storici cui parlavamo poco prima: Napoleone è ritenuto da quasi tutti gli addetti ai lavori un grande personaggio storico, e le numerose vie, piazze, scuole e non solo che gli sono dedicate testimoniano una sorta di devozione che la popolazione attuale nutre verso di lui. Eppure se Napoleone facesse oggi quello che fece nell’Ottocento, verrebbe considerato alla stregua di un pericoloso pazzo esaltato affetto da mania di grandezza. Come si spiega tutto ciò?

Napoleone è giudicato un grande personaggio soprattutto dai francesi, sia per le clamorose vittorie militari, sia perché arrivò alla fine di un periodo particolarmente convulso della storia francese. All’estero il giudizio degli storici è più severo. In generale, questo mostra che i miti si creano in modi molto strani: Napoleone ha avuto dalla sua il vantaggio di aver anticipato questioni che poi si sarebbero rivelate vincenti (laicità dello Stato, consolidamento di alcuni risultati della rivoluzione francese, tolleranza religiosa). Questo l’ha reso più “digeribile” alla storiografia del Novecento, a posteriori. Bisogna però anche dire che, dal punto di vista militare e non solo, per certi versi fu davvero geniale.

Fra i grandi personaggi storici negativi c’è stato sicuramente A. Hitler: lei crede che un domani potrà entrare nella storia un nuovo Fuhrer?

No, credo che nel mondo occidentale Hitler rappresenterà un unicum, per fortuna; qualcosa di irripetibile. Il che non vuol dire che non arriveranno, nel mondo, altri dittatori sanguinari. Ma quella strana commistione di odio razziale, propaganda totalitaria e uso esasperato della tecnica credo non tornerà più. Almeno in questo caso, forse, abbiamo imparato dal passato.

A proposito di Hitler: si sarebbe potuta evitare la Shoah, ovvero il più grande dramma umano del ventesimo secolo?

Sì, credo che ogni evento accaduto nella storia fosse evitabile, in determinate condizioni. Hitler poté andare al potere grazie alla debolezza della Repubblica di Weimar e a svariate scelte sbagliate della politica tedesca ed internazionale; se non si fossero fatti quegli errori, Hitler forse non sarebbe diventato cancelliere. Ma anche la Seconda guerra mondiale, forse, era evitabile, se le potenze occidentali avessero optato per una politica estera diversa rispetto all’appeasement britannico. L’antisemitismo ci sarebbe stato comunque; ma non necessariamente si sarebbe dovuto verificare l’Olocausto.

Chiudiamo con una domanda relativa alla sua professione: cosa vorrebbe trovare dentro l’uovo di Pasqua nella scuola italiana?

L’ho detto anche in un mio video, di recente: vorrei più fiducia. In generale, la scuola vive un periodo di grande sfiducia, forse anche rassegnazione. La società non ha fiducia nelle possibilità della nostra scuola, ma anche la scuola non ha fiducia in se stessa. E questo genera una serie di effetti negativi, una spirale da cui è difficile uscire.

 

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1 Response

  1. L'AUTORE Alberto Sigona ha detto:

    Cari lettori, avete visto qualche video di Ermanno Ferretti? Questo è uno dei tanti https://www.youtube.com/watch?v=Llhtg7r24bI

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