Il sindacato dimezzato.

Sta per abbattersi la scure sul dimezzamento delle prerogative sindacali nella Pubblica Amministrazione, voluto dal governo Renzi, fra cui permessi e distacchi. In parole povere, una pletora di pubblici dipendenti che continuano ad essere pagati dallo Stato, ma che non mettono più piede in ufficio da anni e non toccano una pratica da una vita in quanto sindacalisti, dal 1° settembre prossimo venturo saranno richiamati in servizio! 
Scatta così il countdown per la revoca dei distacchi sindacali: entro il 31 agosto “tutte le associazioni sindacali rappresentative dovranno comunicare alle amministrazioni la revoca dei distacchi sindacali non più spettanti.”!
La riduzione di permessi e distacchi sindacali, che dovrebbe far rientrare all’ovile migliaia di “pecorelle smarrite”, “è finalizzata alla razionalizzazione ed alla riduzione della spesa pubblica”. Questo quanto si legge nella Circolare ministeriale N.5/2014 di mercoledì 20 agosto a firma del Ministro della Funzione Pubblica Madia: “L’articolo 7 del decreto-legge 24 giugno 2014 n. 90, convertito con modificazioni dalla legge n. 114 dell’11 agosto 2014, stabilisce che, a decorrere dal 1° settembre 2014, i contingenti complessivi dei distacchi, delle aspettative e dei permessi sindacali già attribuiti al personale delle pubbliche amministrazioni, stabiliti a seconda dei rispettivi ordinamenti di settore mediante le procedure bilaterali tipizzate (procedimenti negoziali recepiti con decreti del Presidente della Repubblica e contratti collettivi nazionali), sono ridotti del cinquanta per cento per ciascuna associazione sindacale.
Con la riduzione significativa dei distacchi e dei permessi sindacali retribuiti, Matteo Renzi continua la sua opera di rottamazione delle caste. Così, dopo aver fatto ritornare al lavoro i professionisti della politica dei consigli provinciali, e domani del Senato, provvede ora a far ritornare in servizio attivo nel pubblico impiego un paio di migliaia di sindacalisti.
Matteo Renzi, non solo ha definitivamente sotterrato la concertazione – il metodo cioè di viaggiare alla velocità del convoglio più lento in attesa che tutti salgano sul treno – ma tenta ora di sgretolare quel sistema consociativo della Pubblica Amministrazione caratterizzato nei decenni dal connubio tra consorterie partitiche, privilegi degli alti burocrati e rendite di posizioni sindacali: retaggio storico e culturale dello stato corporativo. 
E se è verto che il sindacato ha come compito istituzionale quello di rappresentare e difendere gli interessi dei propri iscritti e dei lavoratori nei confronti del datore di lavoro, è altrettanto vero che “il datore di lavoro” del pubblico impiego sono alla fine tutti i cittadini che pagano le tasse.
Starebbe quindi volgendo al tramonto la stagione del consociativismo e del corporativismo per una Pubblica Amministrazione al completo servizio dei cittadini, dove le tasse vengano investite per migliorare la qualità dei servizi, l’efficacia e l’efficienza dei pubblici uffici e non per foraggiare alcune migliaia di dipendenti pubblici distaccati dal servizio effettivo e posti in permesso sindacale permanente retribuito (comprese indennità economiche varie e, in molti casi, straordinari forfetari), per svolgere attività sindacale direttamente collegata al loro comparto di riferimento.
Ciò non significa che i sindacalisti non potranno più esercitare le loro prerogative, ma semplicemente che non potranno più beneficiare di permessi e distacchi sindacali a spese della collettività. Qualora, poi, codesti istituti fossero irrinunciabili saranno direttamente i sindacati a pagarseli con i contributi versati dai propri iscritti. 
Secondo i dati forniti dal Ministro Marianna Madia, il risparmio previsto dal dimezzamento dei distacchi e dei permessi retribuiti è di circa 115 milioni di euro. Poiché ogni giorno ci sono 4000 dipendenti pubblici in permesso sindacale retribuito per un costo totale annuo di circa 230 milioni di euro, si evince che il costo annuo dei sindacalisti del pubblico impiego è di 57.500 euro!
Una bella batosta per il sindacato al quale – tolta la contrattazione, prima, negata la concertazione, poi, e, adesso, pure i distacchi e i permessi assieme all’invio del 730-precompilato – non resta che l’assistenza ai pensionati! Del resto chi semina vento raccoglie tempesta, e se oggi il sindacato si ritrova a fare da badante ai pensionati d’Italia non può che intonare il mea culpa!

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