Il poeta degli ultimi.

di Clemente Luciano. Il 3 giugno 1935 nasceva Enzo Jannacci, il “Dottore”. Già perchè Jannacci era talmente conosciuto per la sua bravura di cantautore, che non tutti sapevano che la sua professione era quella di medico, appunto, e che, oltretutto, era entrato a far parte dello staff di Christian Barnard, il famoso cardiochirurgo sudafricano.

Ma la sua preoccupazione fu sempre quella di esercitare la professione vicino alla gente che non aveva niente,come i barboni della stazione centrale di Milano o gli emarginati,gli ultimi e i dimenticati che non potevano permettersi nemmeno di star male.

Con la sua “milanesità”, aveva il sapore della schiettezza,oltre che dell’ironia e dell’autoironia. Un pò come il suo amico, il “signor G”, Giorgio Gaber.

Entrambi, nel cantare, si divertivano, irridendo,con l’intelligenza e la cultura che li contraddistingueva,la società conservatrice e borghese dei loro tempi, per la quale le belle canzoni erano solo quelle del festival di Sanremo, quelle con la rima cuore-amore. Jannacci, invece, è stato il cantore e il poeta degli ultimi, di chi era “scartato” dalla società e abbandonato nelle periferie geografiche ed esistenziali. Lui stesso diceva,nelle chiacchierate con i suoi collaboratori musicali, di stare attenti agli ultimi, ai poveri cristi.

Questo era Enzo Jannacci, raccontato bene dalle sue stesse parole: “Sono sempre stato matto,se è per questo;ho sempre creduto a questa dote,solo che ci pensavo poco.Come se per decenni avessi creato e cantato personaggi pieni di poesia,senza rendermi pienamente conto che stavo portando a galla l’anima profonda di questo Paese.(…).Non erano invenzioni,erano persone vere,erano i poveri diavoli d’Italia.I poveri diavoli sono la parte migliore di questo Paese,sono loro che lo salvano ogni volta che serve,loro che sono stati repressi,massacrati, esclusi”.

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