Il buio oltre l’orizzonte: senza aiuti alla domanda il Paese non riparte e il Sud rischia di scivolare verso il Nordafrica.

di Paolo Cirino Pomicino. Il buio oltre l’orizzonte! Lo sforzo finanziario del governo affoga nei ritardi e nella farraginosità delle procedure ma anche nella nebulosità degli obiettivi. E ci spieghiamo. Tutte le misure vanno in direzione della tutela del reddito dei lavoratori occupati (cassa integrazione ordinaria ed in deroga) e dei disoccupati (reddito di emergenza) e della liquidità da dare alle imprese piccole medie e grandi nonché alla loro ricapitalizzazione (quest’ultima in verità molto modesta se si pensa che un’impresa che fattura 5 milioni può avere una ricapitalizzazione di appena 40 mila euro) e poi un po’ di quattrini a pioggia a destra e a manca.

Gli effetti sulla economia italiana nei prossimi mesi saranno a nostro giudizio modesti per il semplice fatto che la crisi in atto colpisce sia l’offerta che la domanda. Sia chiaro che la emergenza delle famiglie e delle imprese richiedono interventi del tipo di quelli previsti nei provvedimenti del governo sempre quando si concretizzino nei tempi giusti, ma quel che manca è una visione di medio periodo.

Manca infatti un forte impulso alla domanda oggi depressa non solo dal lungo lockdown ma anche da una scarsa volontà di spesa per consumi della gran parte dei cittadini. Tutto ciò richiederebbe dunque una domanda fatta di investimenti pubblici sul piano infrastrutturale con risorse disponibili e procedure speciali del tipo ponte Morandi largamente applicati negli anni ottanta quando l’Italia cresceva del 2,5% reale ogni anno.

Al momento le procedure restano quelle ordinarie e le risorse scarseggiano perché l’unita del bilancio pubblico fa si che con questo maxi indebitamento e con la pesante riduzione delle entrate, lo Stato non avrà a disposizione le risorse necessarie. Se la domanda pubblica non si mette subito in moto anche con le piccole opere da parte dei comuni come accadde nell’immediato dopoguerra difficilmente la domanda privata avrà un rimbalzo verticale e a sua volta l’offerta seguirà la domanda sul basso profilo. Tutto ciò è quel che accadrà in autunno se il governo non si dà una mossa sul versante della domanda pubblica e sulla sollecitazione della domanda privata.

Un esempio per tutti. Una maxi rottamazione delle auto inquinanti metterebbe in moto un settore che darebbe un input positivo alla filiera dell’automotive in cui l’Italia eccelle. Se poi questa misura fosse concordata anche con i paesi della eurozona o comunque con le grandi democrazie europee favorirebbero un rilancio della domanda europea. Serve insomma un innesco per una nuova domanda che sappia a sua volta rilanciare una offerta in un circuito intrecciato e virtuoso per salire al più presto dal fondo di una crisi drammatica. Questo innesco non può che essere dato da politiche di bilancio espansive avendo quella monetaria già fatto la propria parte.

Ma dopo questo indebitamento che il prossimo anno farà salire la spesa per interesse di nuovi 7,5 miliardi di euro, lo Stato avrà le risorse per attivare una forte domanda pubblica?

Dubitiamo molto, anzi siamo convinti che senza una ricapitalizzazione dello Stato difficilmente le risorse necessarie ci saranno.

È questo il motivo per cui abbiamo proposto una forte alleanza tra lo Stato e la ricchezza nazionale che per il 72% è nelle mani del 20% degli italiani. Una alleanza condivisa e libera, senza parlare di patrimoniale che sarebbe un grande errore perché fortemente recessiva, e articolata su di un contributo volontario a fondo perduto allo Stato che risponderebbe con un quadriennio senza accertamenti fiscali a condizione, però, che reddito e fatturato degli stessi contribuenti aumentino almeno dell’1,5%. Una misura di questo genere darebbe, secondo una nostra stima prudente, almeno 120 miliardi di euro con i quali lo Stato potrebbe cominciare a fare quelle politiche fiscali, infrastrutturali, ambientali e industriali necessarie al rilancio della economia.

Fuori da misure di questo tipo l’Italia continuerà ad adagiarsi su quel grigiore che da 25 anni caratterizza il paese con la bassa crescita, il debito triplicato rispetto al 1991, con il raddoppio della povertà e della disoccupazione e con investimenti pubblici tra il 2 ed il 3% a fronte del 4-5% degli anni ottanta.

In questo scenario il mezzogiorno scivolerà sempre più verso il Nordafrica.

C’è bisogno, dunque, di uno sforzo corale in particolare degli intellettuali e del migliore pensiero meridionalista perché questa direzione di marcia si inverta senza che nessuno, a cominciare da noi naturalmente, si impicchi alle proprie idee. E chiediamo al ministro Provenzano di passare dalle enunciazioni ai fatti con un primo suggerimento concreto. Riunisca i presidenti delle regioni meridionali, concordi con loro il fabbisogno finanziario per adeguare i sistemi sanitari regionali e chieda al governo di affidare poteri speciali del tipo di quelli usati a Genova e almeno 10miliardi dal MES per avviare subito il potenziamento della rete ospedaliera e di quella sanitaria territoriale con indicazioni precise sulle quali noi, insieme agli amici popolari, daremo il nostro contributo di pensiero.

La sanità è il settore più urgente che riunisce insieme tutela della salute e lavoro.

Non abbiamo più tempo sia per le cose urgenti da concretizzare sia per attivare quella visione di medio periodo capace di dare una credibile speranza ed evitare il rischio di una rabbia sociale incontenibile nel prossimo autunno che sarà sempre più caldo

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