I grattacieli di oggi come le cattedrali del medioevo.

di Francesco Alberoni. I popoli che hanno creato la bellezza hanno scelto l’ideale sacrificando ciò che è utile e immediato.

Pensiamo alle città medievali fatte di pochi palazzotti, molte casupole, senza fogne. Eppure, al centro, ecco sorgere una immensa e stupenda cattedrale di pietra, con guglie che si innalzano a cento metri verso il cielo. C’è un’enorme sproporzione fra queste costruzioni e quelle che gli stessi uomini facevano per se stessi, per i loro bisogni quotidiani. Nelle cattedrali oggettivavano tutta la loro energia, la loro creatività, le loro aspirazioni. La loro grandiosità ci dice che avevano un’energia smisurata, un potenziale di crescita immenso. Che in loro esisteva già, in germe, ciò che l’Occidente avrebbe realizzato nei secoli futuri.

E questo che ci dà la vera grande arte. E ce lo dà subito e per sempre. E come se esistesse un engramma nella mente umana che permette a ogni essere vivente di riconoscere che cosa è grande arte come il Partenone o la Pietà di Michelangelo o i quadri di Van Gogh. Misterioso engramma che ci consente di distinguere la vera arte fin dall’inizio ma che viene poi fermato dai critici dagli intellettuali, dagli ideologi, dai mercanti che dichiarano arte ciò che serve politicamente o ciò che riescono a vendere.

Cosi è accaduto dall’inizio del XX secolo nel campo delle arti visive col trionfo nel non figurativo, dove tutti i capricci, dai tagli di Fontana alle donne di Modigliani alle demoiselle di Picasso, fino agli scarabocchi di Pollock sono state dichiarate grande arte anche se la gente non li capiva.

Ma se la vera arte ci porta a trascendere il presente, qual è la vera grande arte di oggi? Io credo che l’unica forma di vera arte figurativa la troviamo in alcuni stupendi, straordinari grattacieli. Solo questi ci producono un’emozione fatta di bellezza sublime, di stupore e la sensazione di una meta sacra, di un destino. Essi soli ci indicano puntando verso l’alto, a noi uomini che hanno perso Dio, una trascendenza, una meta struggente, un luogo sublime a cui aspiriamo tutti soffocati nello squallore affannoso della nostra vita quotidiana.

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