I 5stelle, non sapendo amministrare lo Stato, si limitano a sfoltire le poltrone e rinunciano a tranciare le spese che gonfiano il nostro debito.

di Vittorio Feltri. È partito l’iter per tagliare di brutto il numero dei parlamentari. Non sappiamo se la procedura giungerà in porto, e dobbiamo dire che non ce ne frega niente sul piano sostanziale. Nelle Camere, bischero più o bischero meno, non cambia niente.

Il risparmio in termini finanziari, circa 500 milioni di euro, sarebbe minimo, però dobbiamo ammettere che, al di là di questo aspetto marginale, ridurre la quantità di deputati e senatori non sarebbe un sacrilegio. In fondo gli organici pletorici in politica e nella pubblica amministrazione non hanno mai giovato ai fini della efficienza.

Ciò detto, non possiamo evitare una considerazione elementare: se il Movimento 5 Stelle pretende di segare gli uomini e le donne delle istituzioni c’è un motivo che va al di là della esigenza di spendere meno soldi. Ed è quello di convincere la gente che Di Maio e compagnia brutta vogliono andare incontro a chi odia i politici per partito preso. I quali politici non fanno molto per essere apprezzati dal popolo, tuttavia la stupidità della casta non è dovuta alla moltitudine dei suoi componenti, bensì alla incapacità di essere all’altezza di ricoprire ruoli di comando.

In altri termini, i pentastellati, non sapendo amministrare lo Stato, si limitano a sfoltire le poltrone e rinunciano a tranciare le spese che gonfiano il nostro debito.

In questo modo non riusciranno mai a contenere il passivo che ci affligge, ma lo accresceranno, cosa che succede da oltre trent’anni, a prescindere dal governo in carica.

C’è poi un altro elemento da tenere in conto. Quand’anche passasse – e non crediamo – l’idea di diminuire la quota dei rappresentanti dei cittadini, si tratterebbe poi di organizzare un referendum nazionale, come previsto dalla costituzione. E ne vedremmo delle belle considerato che agli italiani di questi problemi non importa un accidenti.

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