Gli dei dello sport. Cassius Clay

di Alberto Sigona. CASSIUS CLAY (USA,1942-2016)PUGILATO. E’ ritenuto quasi all’unanimità il più grande pugile di tutti i tempi. Facente parte della categoria dei Pesi Massimi, Cassius Clay deve la sua fama leggendaria non soltanto in virtù delle sue vittorie – alcuni suoi incontri sono rimasti nella storia della Boxe come fra i più belli e combattuti di sempre, fra cui non possiamo non ricordare quelli con il mitico Joe Frazier o con l’altra leggenda George Foreman – ma anche per aver rivoluzionato il Pugilato, rendendo tale disciplina – prima del suo avvento basata esclusivamente o quasi sulla forza bruta (epoca di cui R. Marciano fu il principale interprete) – una vera e propria arte, in cui lo stile e la classe prendevano il sopravvento sulla potenza muscolare. La filosofia di boxare di Clay (che dopo la sua conversione all’Islam sarebbe diventato Muhammad Alì) può essere quindi sintetizzata in una celebre frase da lui stesso pronunciata: “Vola come una farfalla ma pungi come un’ape”. Ma a rendere Clay (che, ricordiamolo, era anche un grande incassatore, nel senso che sapeva subire tanti colpi senza però capitolare, facendo stremare inutilmente gli avversari) una figura mitica, oserei dire divina, furono altresì il suo grande carisma e la sua forte personalità decisamente sui generis (specie per i canoni compassati dei suoi tempi), che gli consentirono di veicolare la sua immagine al di fuori dell’ambito sportivo, rendendola universale, e questo malgrado provenisse da un pianeta, quello sportivo appunto, che era ancora lontano dal poter avere quell’impatto mediatico e sociale che si sarebbe registrato al giorno d’oggi, in cui, avvalendosi dei social network e di un’infinità di “distributori mediatici”, non occorrono di certo dei salti mortali discorsivi per polarizzare l’attenzione. Al di fuori del ring Clay si batté energicamente in favore dei diritti civili dei neri (dopo il suo ritiro dal mondo della Boxe egli si sarebbe inoltre distinto per le sue azioni umanitarie, per le quali sarà persino candidato per il Premio Nobel per la Pace nel 2007), che negli Stati Uniti degli anni Sessanta non erano certo una priorità in quella che era una società fortemente razzista. La sua popolarità extrasportiva raggiunse il picco quando si rifiutò di prendere parte alla Guerra del Vietnam (“Non ho niente contro i Viet-kong, loro non mi hanno mai chiamato negro”, tuonò), per una decisione che gli costò il ritiro della licenza da parte delle commissioni atletiche pugilistiche statunitensi per due anni, oltre ad altre sanzioni accessorie (rischiando persino il carcere) ed al ritiro dei Titoli. Durante la sua carriera si fregiò del Titolo iridato nel 1964 (2 volte), nel 1967 (3 volte), 1969, 1974, 1978, 1979, difendendo i rispettivi Titoli per un totale di 19 volte (rimase campione sino a quasi 40 anni d’età). Su 61 incontri si è imposto 56 volte (37 per k.o.), perdendo in 5 occasioni (1 per k.o.). Vanta anche l’Oro Olimpico di Roma 1960 (nella categoria dei Mediomassimi). Ritiratosi dall’attività agonistica nel 1981, in seguito contrasse il morbo di Parkinson. Morirà nel 2016. La rivista Sports Illustrated lo ha nominato sportivo del secolo.

Incontri disputati:
Totali 61 – Vinti (KO) 56 (37) – Persi (KO) 5 (1)

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