Genova per noi.

di Sergio Fissore. Sono certo che, almeno una volta nella loro vita, moltissimi italiani siano passati attraverso il ponte Morandi a Genova.

Per noi del Nord Ovest spesso era un appuntamento annuale, per lavoro o per le agognate ferie al Sud. Nel mio personale ricordo, come molti bambini della fine degli anni ’70, quel passaggio era qualcosa di magico, di irreale, di fantastico, trovandosi a volare sopra la città. Questa magia, insieme alla vista del mare, era uno dei pochi momenti lieti delle molte ore che sarebbero trascorse in macchina, in attesa di arrivare alla mitica vacanza. Nessuna critica tecnica (non ne sarei capace) e meno che mai accanimento politico in queste ore ancora troppo piene di pianto, dolore, speranze e delusioni e del tanto lavoro che prodigano senza alcun risparmio, troppo spesso nel nostro martoriato paese, gli angeli del soccorso. Ci saranno giorni più adatti di questo triste ferragosto per scandagliare con attenzioni i numerosi aspetti che sono coinvolti in questo catastrofico dramma. Parlare di “tragica fatalità” credo però sia assolutamente inappropriato: “disastro annunciato” penso calzi meglio alla tragedia. Dei possibili danni derivanti al calcestruzzo ed agli altri elementi costruttivi dal degrado ambientale, dal cambiamento del clima e dalla diversa destinazione d’uso dell’opera (aumento selvaggio del trasporto su gomma) se ne parla ciclicamente da oltre 10 anni. Sempre da anni si parla e si progetta di possibili varianti che avrebbero potuto depotenziare il traffico sul ponte, permettendo opere di consolidamento straordinario che difficilmente sarebbero state possibili con il ponte in pieno uso. Il primo colpevole sembra allora il tempo elefantiaco con cui la politica, di ogni colore, gestisce ormai da decenni questo tipo di interventi. Le Grandi Opere, per le quali eravamo famosi e chiamati in tutto il mondo sembrano ormai un lontano ricordo. L’atavica incapacità della classe politica nostrana di portare a compimento opere anche da altri studiate, unita ad un’insulsa burocrazia, è giunta ancora una volta a piangere sulle bare. Auguriamoci che i magistrati incaricati svolgano il loro lavoro con solerzia e rapidità: cose quasi impossibili da trovare oggi nel Belpaese.

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