Flat Tax: maxi-sconto agli autonomi, zero aiuti ai lavoratori dipendenti.

di Redazione. Due pesi e due misure. Tant’è che la famigerata Flat tax ‘alleggerisce’ le partite Iva, che con un reddito fino a 65.000 euro potranno godere di imposte inferiori fino al 52%, rispetto ad un lavoratore dipendente che con lo stesso imponibile continuerà a sborsare le ‘pesantissime’ tasse di sempre!

In pratica un lavoratore autonomo con un reddito di 45.000 euro in un anno pagherebbe 6.750 euro con l’estensione dei limiti per il regime forfettario, mentre un lavoratore dipendente con lo stesso reddito e l’aliquota marginale al 38% pagherebbe 14.039 euro.
Il dato emerge da uno studio pubblicato dalla Uil nel quale si sottolinea che le modifiche al sistema impositivo per i redditi da lavoro autonomo e d’impresa presenti nella manovra per il 2019 “generano un grandissimo squilibrio nel nostro sistema fiscale relegando, di fatto, la progressività, valore costituzionalmente stabilito, alla sola imposizione sui redditi da lavoro dipendente e da pensione”.
Per il 72% degli autonomi – spiega la Uil – opereranno solamente 2 aliquote. Con l’estensione del regime forfettario, la cosiddetta “Flat tax”, a parità di reddito imponibile, ad esempio 35.000 euro annui, l’imposta Irpef di un lavoratore autonomo sarà pari a 5.250 euro, mentre per un dipendente, a sarà di 9.400 euro: il 44,15% in più.
Il Governo e il Parlamento farebbero bene ad impegnarsi fin da subito ad operare una revisione delle imposizioni sui redditi che sia improntata ad una vera progressività, riducendo la pressione fiscale che grava su tutti i redditi prodotti nel nostro Paese e in particolare sui lavoratori dipendenti e pensionati che da soli versano oltre il 94% del gettito Irpef.
Le disuguaglianze impositive, già oggi presenti fra redditi da lavoro dipendente e quelli da lavoro autonomo verranno ulteriormente ampliate. Ciò a causa dei benefici fiscali derivanti dalle imposte proporzionali e dalla soppressione delle ritenute d’acconto per la stragrande maggioranza dei lavoratori autonomi.
Queste estensioni interesseranno oltre 3,3 milioni di contribuenti Iva, sia a regime ordinario che speciale: oltre due terzi della platea totale, come risulta dai dati pubblicati dal Mef sulle dichiarazioni dei redditi 2017.
Dal 2020 la situazione si aggraverà secondo la Uil con l’imposta sostitutiva per redditi autonomi o d’impresa fino a 100.000 al 20% del reddito d’impresa.
Altri dubbi emergono dallo studio prodotto dai Commercialisti, che indaga la differenza tra nuovo regime e quello ordinario. Secondo gli esperti contabili, nell’ipotesi della flat tax al 15% e a parità di fatturato, a guadagnare normalmente sono quei lavoratori autonomi che, in quanto iscritti ad Albi, possono operare come “collaboratori con partita Iva” nell’ambito di strutture professionali o aziendali altrui, senza andare in conflitto con il Jobs Act: con costi effettivi pressoché nulli, cumulano il beneficio dell’aliquota unica del 15% con quello dell’abbattimento forfetario del fatturato che, nel regime ordinario, rappresenterebbe invece anche il loro reddito imponibile.
Per costoro, “il vantaggio in termini di maggiore reddito netto disponibile arriva a superare i 12.000 euro in prossimità della soglia massima di 65.000 euro di fatturato“. “Per tornare al medesimo livello di reddito netto disponibile assicurato da un fatturato di 65.000 euro e l’applicazione del regime forfetario, è necessario aumentare il proprio fatturato oltre la soglia di 79.000 euro, ragione per cui, ove l’aumento del fatturato porti a superare la soglia massima di 65.000 euro, collocando però il professionista nell’intervallo compreso tra 65.000 e 79.000 euro, conviene rinunciare a fatturare oltre 65.000 euro e permanere nell’ambito del regime”, dicono gli esperti.

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