Esistono culture migliori di altre?

di Francesca Marra.
1. L’incontro con l’«altro». La scoperta dell’America mise gli Europei a contatto con un mondo radicalmente «altro». La lingua, la religione e le usanze delle popolazioni indigene apparivano agli occhi dei conquistadores come del tutto sconosciute, quando non addirittura scandalose (si pensi a comportamenti come la nudità, la poligamia, l’incesto e i sacrifici umani).
2. Cristoforo Colombo e gli indigeni. Cristoforo Colombo percepì questa diversità, ma non si sforzò di comprenderla. Nei suoi primi resoconti egli descrive le popolazioni e la natura del Nuovo Mondo paragonandole alla propria cultura, per esempio cercando nella lingua indigena qualche parola simile allo spagnolo. In un secondo momento Colombo oscillerà tra due atteggiamenti: da un lato quello di considerare gli Indios come esseri umani da rispettare, e dall’altro come creature inferiori da sfruttare. Intanto, in Europa i teologi dibattevano per stabilire se gli indigeni, con le loro strane usanze e credenze, avessero un’anima o ne fossero privi.
3. Sentirsi al centro dell’universo. L’atteggiamento di chi valuta le altre culture in base al sistema di valori della propria, prende il nome di etnocentrismo – letteralmente, porre il proprio popolo (ethnos) al centro (centrismo). Coniato nell’Ottocento dal sociologo William Graham Sumner (1840-1910), l’etnocentrismo è meno estremo del razzismo, che teorizza espressamente la superiorità di una «razza» rispetto alle altre, ma porta inevitabilmente con sé una diffidenza e una svalutazione di chi è diverso.
4. L’eurocentrismo. Una particolare forma di etnocentrismo è l’eurocentrismo, ossia la pretesa della civiltà europea di collocarsi idealmente al centro del pianeta. Tale atteggiamento si riflette in alcune denominazioni geografiche ormai invalse: per esempio, l’Estremo Oriente appare tale solo nella prospettiva europea, mentre è evidente che un Giapponese non percepisce il proprio Paese come un’estrema propaggine dell’Occidente. L’eurocentrismo fu l’elemento dominante sia nella brutale colonizzazione dell’America da parte dei conquistadores, sia nella spinta imperialista di fine Ottocento, quando le nazioni europee si spartirono l’Africa e l’Asia alla stregua di terre di conquista.
5. Uno sguardo nuovo: la pari dignità di tutte le culture. Una riflessione di segno opposto all’etnocentrismo si è sviluppata sul finire del XIX secolo con la nascita delle scienze umane, quali l’antropologia e l’etnologia, che studiano usi e costumi delle società organizzate, comprese le stesse società occidentali. Particolarmente importante è stata la definizione di «cultura» dell’antropologo Edward Burnett Tylor (1832-1917) come l’insieme di conoscenze, credenze, arte, morale, diritto, costume, abitudini acquisite dall’uomo nel contesto sociale in cui avviene la sua formazione. Dunque, ogni popolo produce una sua specifica cultura, avente una dignità pari a tutte le altre. Analogamente, ogni popolo ha un proprio sistema di valori che non può proporre come assoluto o migliore, essendo il frutto della particolare storia e delle specifiche caratteristiche del gruppo che lo ha elaborato.
6. Le società multiculturali. Nel mondo contemporaneo l’incontro fra culture diverse non avviene più negli scenari esotici dei viaggi di Colombo, ma nella realtà quotidiana delle nostre città. Sempre più si va verso un modello di società multiculturale in cui si trovano a convivere persone provenienti da diverse aree del pianeta, con diverse lingue, tradizioni, religioni. Il caso più emblematico sono gli Usa, che la metafora del «melting pot» descrive bene come terra d’incontro fra popoli di tutto il mondo.

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