Elezioni 2013. Attenti al “pacco”!

di Angelo D’Amore. La campagna elettorale entra nel vivo. I vari partiti continuano la loro “transumanza elettorale” nelle varie televisioni di apparato. Ognuno continua a diffondere le solite promesse, ad impegnarsi a generare il tanto auspicato cambiamento. La moda del momento (anche in politica ogni stagione impone “must” da seguire), è quella della scelta di candidati al di sopra di ogni sospetto, persone con la fedina penale a posto, senza processi in corso, nè tanto meno imputazioni di reato (oddio, qualcuno ha ancora dei problemi con la giustizia). Se siamo appena un pò attenti però, notiamo che dietro i nuovi nomi, le eccentriche sigle, in pratica semplici foglie di fico, si celano personaggi della prima repubblica che, con una sapiente opera di restyling o se vogliamo, con un ben riuscito “lifting mediatico”, cercano di rifarsi una verginità perduta, per mantenere la propria fetta di potere. Si profetizza il rinnovamento, tenendo ben stretti i propri diritti di “casta”, primo tra tutti, il rimborso elettorale. Casini e Fini, pur mantenendo le loro sigle, salgono sul carrozzone dei cosiddetti moderati (quelli che si tengono buoni tutti) del prof. Monti, sapendo già in partenza di perdere ma, al tempo stesso, di mantenere il loro posto in Parlamento pur non avendone i numeri. Stessa cosa vale per i partiti di estrema sinistra, i nostalgici di quel comunismo vestito di cachemere, tutto italiano, come Diliberto, il quale trova speranze di riemergere nel partito della “rivoluzione” di Ingroia, insieme al PRC, ai Verdi e nel quale trova posto anche il “Tonino” nazionale (in forte calo di consenso dopo la famosa inchiesta di Report) fatto fuori dal PD di Bersani. Nel PDL, il plurindagato Berlusconi, smette di svolgere il ruolo di venditore di scope porta a porta e le inizia lui stesso ad usare, per fare pulizia nel partito, non per logiche di etica politica (non saprebbe proprio da dove iniziare), ma per rigide questioni di marketing. Tutti questi partiti però, hanno una cosa in comune: la radicale imposizione dei propri candidati sull’intero territorio. Per accecare la vista all’elettore, i capi partito mettono i loro nome in cima alla lista, svolgendo quella funzione “calamita” nei confronti dell’elettore. Un solo partito candida i suoi rappresentanti rispettando il territorio di appartenenza: il M5S. Partito divenuto assai scomodo, fatto passare strategicamente dai media di regime, come semplice fenomeno da baraccone o anarchica formazione antipolitica. L’elettore però, è sempre più attento e saprà valutare se affidarsi al nuovo o viceversa, scegliere un prodotto riciclato, l’ennesimo “pacco” regalato a noi italiani.

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