Economia “flessibile”.

di Paolo Cirino Pomicino. Dopo quasi tre mesi di vita le linee di politica economica di questo governo sembrano navigare nella confusione.
Gli annunci roboanti che si susseguono quasi ogni giorno non hanno dietro le spalle neanche un minimo di valutazione concreta sulle loro praticabilità. Anzi, sembra addirittura che una delle caratteristiche della confusione governativa sia quella della palese contraddittorietà logica e grammaticale.
Il ministro della Salute, Giulia Grillo, ne ha dato una prova magistrale a proposito dei vaccini quando ha parlato di un “obbligo flessibile” della vaccinazione. Qui non si tratta di una confusione solo politica ma anche linguistica. Ma il ministro Grillo è solo una punta di diamante di un uso del linguaggio logicamente e grammaticalmente contraddittorio che ormai distingue l’intero governo.
Gli obiettivi politici tanto cari a Di Maio e Salvini vengono ripetuti il giorno dopo dal tenero Conte e dal sofferente Tria che affermano che le annunciate riforme si faranno nell’ambito delle compatibilità di bilancio e che il deficit di bilancio sarà mantenuto sempre lontano dal fatidico 3 per cento di stampo europeo.
Due dichiarazioni incompatibili per chiunque abbia un minimo di esperienza politica e finanziaria. Per non parlare della pace fiscale che la mattina allarga nelle previsioni le proprie maglie e la sera le restringe brutalmente dimenticando che nell’uno e nell’altro caso il ricavato non riuscirebbe neanche a far slittare di un anno il temuto aumento dell’Iva che Tria vorrebbe in parte aumentare e i due dioscuri alla guida del governo ne dichiarano la impraticabilità.
Una confusione così vasta e completa non è stata mai vista in alcun governo della Repubblica. Essa è figlia di una drammatica inadeguatezza politica dei singoli e degli stessi gruppi parlamentari di maggioranza (anche quelli di opposizione non scherzano mica su questo terreno!) ma anche del silenzio servile in cui vivono i maggiori collaboratori in particolare quelli di Salvini che pure qualche esperienza positiva nel passato l’hanno avuta.
Attenti, però, perché in questa babele di lingua e di opinioni qualche linea di politica economica sembra emergere e più la guardiamo e più restiamo impressionati. Quando si parla ad esempio di colpire le cosiddette pensioni d’oro al di sopra, cioè, di 4 mila euro per aumentare le pensioni più basse si dice non solo una bugia perché con il ricavato di 500 milioni di euro si fa poco o niente ma si individua nei pensionati con 4 mila euro mensili i nuovi ricchi da chiamare ad un dovere di solidarietà.
Alla stessa maniera quando si parla di ridurre o abolire alcune detrazioni o deduzioni si individuano in prevalenza famiglie e categorie produttive che da 25 anni stentano perché l’economia italiana è la cenerentola di Europa per tasso di crescita. In parole povere per finanziare una parvenza di flat tax che ridurrebbe le tasse ai più ricchi si chiedono risorse alla parte più debole della società italiana.
Non sembri paradossale, perché a guardare bene gli annunci del governo è questa la stravagante realtà. Insomma si punta da un lato ad allargare la grande frattura sociale e dall’altro si punta a che i meno abbienti siano tutti più eguali nella povertà.
Speriamo di sbagliare, ma più approfondiamo le dichiarazioni e gli intenti e più ci appare scellerata questa linea di politica economica che ignora sul terreno di una solidarietà salvifica la grande ricchezza nazionale i cui massimi esponenti si sono già dichiarati disponibili a uno sforzo congiunto senza ridicole patrimoniali che avrebbero peraltro un effetto recessivo. Ma per cogliere questa saggia disponibilità ci sarebbe bisogno di una classe dirigente che purtroppo non c’è.

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