E adesso cosa accadrà dopo l’Impeachment? Nulla.

E adesso dopo la richiesta d’impeachment dei 5Stelle nei confronti del Presidente della Repubblica cosa succederà? Rimarrà fortemente deluso chi si aspetta terremoti politici, ribaltoni e scenari apocalittici e rivoluzioni. Praticamente non accadrà nulla, fermi restando gli attuali equilibri di forze presenti in Parlamento! Comunque, chiariamo subito una mera questione “linguistica”, prima di addentrarci nei dettami costituzionali. Nel sistema italiano la procedura di “impeachment” non esiste. Il termine impeachment viene dal sistema politico americano, la cui Costituzione prevede questa procedura sia per i giudici, sia per i componenti dell’esecutivo (due presidenti, Johnson e Clinton, sono stati sottoposti alla procedura ma si sono salvati, mentre Nixon si è dimesso prima dell’avvio del voto).
In Italia l’impeachment esiste solo nel linguaggio dei media, mentre la Costituzione prevede la “messa in stato d’accusa del Presidente della Repubblica”.
L’Articolo 90 della Costituzione recita:Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione. In tali casi è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri.”.
Quindi a decidere se un Presidente della Repubblica Italiana va messo in stato d’accusa è il Parlamento. Quando viene presentata la richiesta, un comitato di deputati e senatori componenti delle Giunte di Camera e Senato per le autorizzazioni a procedere svolge un primo esame delle accuse, e decide se archiviarle o sottoporre la questione al Parlamento in seduta comune. In questo caso servirà la maggioranza assoluta dei parlamentari, ovvero 477 membri, per decidere la messa in stato d’accusa.
Ma non sarà il Parlamento a giudicare il Presidente della Repubblica. In caso di voto favorevole a maggioranza assoluta, la Costituzione prevede (art. 134 e 135) che sia la Corte Costituzionale a giudicarlo, e in questo caso ai componenti togati si aggiungerebbero sedici membri “tratti a sorte da un elenco di cittadini aventi i requisiti per l’eleggibilità a senatore, che il Parlamento compila ogni nove anni mediante elezione con le stesse modalità stabilite per la nomina dei giudici ordinari”, e uno o più “commissari d’accusa” eletti dal Parlamento. Si svolgerebbe quindi un vero e proprio processo, al termine del quale la Corte emetterà la sentenza inappellabile.
Un tale procedimento macchinoso, rispetto a quello relativamente semplice degli Usa, vuole mettere al riparo il Capo dello Stato da accuse palesemente pretestuose, riservando la destituzione a reati davvero gravi. Non a caso nella storia Repubblicana nessun Presidente ha mai subito la destituzione, anche se nel 1978 Giovanni Leone si dimise quando il Pci annunciò di voler avviare la procedura per lo scandalo Lockheed. Anche nel 1992 il Pds annunciò di voler chiedere lo stato d’accusa per Cossiga, per aver snaturato il ruolo di Presidente (accuse simili a quelle odierne di Grillo). Cossiga si dimise poche settimane prima della scadenza del mandato.

Ma tornando a bomba – una bomba che politicamente è come uno starnuto dal momento che non farà saltare in aria proprio niente e nessuno – ovvero alla richiesta d’impeachment presentata dal M5S nei confronti di Giorgio Napolitano, l’atto d’accusa dei parlamentari di Beppe Grillo nei confronti del Presidente della Repubblica si appresta a fare il classico “buco nell’acqua” dal momento che in nessun caso i pentastellati possono sperare nel voto della maggioranza assoluta di un Parlamento di “nominati”. Non lo è stato per il dl Imu-Bankitalia, vieppiù non lo sarà mai e poi mai per detronizzare neppure un moscerino dalla posizione che occupa sul Colle più alto di Roma!  

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