Diritto d’autore, un vitalizio che si eredita all’infinito?

di Flavio Sabbioni. Chi non conosce il motivetto “happy birthday to you…”” che si canta in occasione dei compleanni? In Italia si traduce in “tanti auguri a te….”. Bè, finalmente in California il suo uso è stato reso di dominio pubblico, grazie alla decisione di un giudice federale di Los Angeles. Fino ad oggi la società che deteneva il diritto d’autore incassava 2 milioni di dollari di royalties all’anno. Sembra impossibile? Eppure è così.

La musica del motivetto si ritiene sia stata composta da due sorelle, Mildred and Patty Hill, nel 1893. Ripeto: nel 1893: cioè 122 anni fa. E ancora oggi la società che ne deteneva i diritti incassava 2 milioni di dollari all’anno in diritti d’autore. Il giudice ha sentenziato che il copyright esiste ancora in parte, ma non per il testo: quindi chiunque può cantarlo liberamente, ed inserirlo in film, riproduzioni di vario tipo, ecc. Questo avvenimento paradossale ma vero, non è che la punta dell’iceberg. Anche in Italia ci sono cantanti che percepiscono milioni di euro all’anno per canzoni composte anche varie decine di anni fa. Alla loro morte continuano a percepirli gli eredi. Ma ciò a qualcuno sembrava insufficiente, perché recentemente la durata del diritto d’autore è stata innalzata da 50 a 70 anni. Tenuto conto che l’attuale durata della protezione del diritto d’autore (50 anni) è insufficiente a proteggere l’esecuzione per l’arco della vita degli artisti, essa viene estesa a 70 anni, anche al fine di tutelarli in un periodo della vita in cui potrebbero trovarsi a fronteggiare un calo del loro reddito. A me ciò sembra paradossale. In un periodo di crisi, in cui i comuni mortali vengono costretti a lavorare almeno fino a 70 anni, con la quasi certezza che quando arriveranno ad un anno dalla agognata pensione qualche politico emanerà l’ennesima riforma-beffa, portandola ad 80 anni, si regalano altri 20 anni di introiti a chi è già straricco, a chi ha vissuto di rendita per tutta la vita! Anche al fine di tutelarli in un periodo della vita in cui potrebbero trovarsi a fronteggiare un calo del loro reddito.” Incredibile! Mi sembra davvero incredibile, il candore, l’ingenuità, la faccia tosta, con cui si enuncia un principio così apparentemente ragionevole, ma che contraddice apertamente, senza nessun pudore, la severità, il cinismo, la crudeltà che viene invece applicata a tanti comuni mortali. A tutti coloro che, dopo una vita di lavoro e sacrifici, strappata a fatica con uno stipendio appena al di sopra (e a volte anche al di sotto) della soglia della sussistenza, quando arrivano in un periodo della vita in cui potrebbero trovarsi a fronteggiare un calo delle loro capacità lavorative, un peggioramento della loro salute, un bisogno di assistenza e protezione, lo stato sadicamente gli nega la pensione, li costringe a pagare salatissimi ticket per le cure mediche, li tortura facendogli pagare imu e tasi se in gioventù hanno commesso l’imperdonabile errore di comprarsi una prima e magari anche una seconda casa (orrendo crimine!), togliendosi il pane di bocca e pagando il mutuo per 30 anni! Senza nessuna vergogna, apertamente, i politici tolgono agli uomini per dare agli dei, pardon, ai divi. Da una parte gli uomini, vessati, torturati, tartassati, umiliati, dall’altra parte gli dei, protetti, coccolati, osannati. Io non nego il diritto d’autore. Ritengo giusto che chi sia capace di creare qualcosa di innovativo, in qualunque settore, sia della scienza, che dell’arte, o della letteratura, debba goderne i profitti. Certamente. Ma per quanto tempo? E’ giusto che con una sola invenzione, un solo film, una sola canzone, un individuo possa vivere di rendita per tutta la vita, osannato come un dio? Che alla sua morte i suoi figli possano vivere nel lusso senza aver mai lavorato? Eppure di casi così ce ne sono tantissimi. Ovviamente non posso fare nomi, né di cantanti né di canzoni, ma credo che ognuno possa trovare senza fatica qualche esempio, nell’olimpo nazionale e internazionale. Casi simili non esistono nel settore dei brevetti per invenzioni. Forse il signor Diesel o i suoi successori percepiscono royalties per ogni auto a gasolio prodotta? O Marconi per ogni apparecchio radio? O qualcuno percepisce diritti per ogni telefonino venduto? O per ogni schermo lcd o al plasma? Qualcuno potrebbe obiettare che è più difficile proteggere le invenzioni industriali, perché, ad esempio, le radio di oggi sono molto diverse dalle radio di Marconi. Ma il principio rimane lo stesso: sono tutti apparecchi che irradiano o ricevono onde elettromagnetiche, permettendo il collegamento a distanza, senza fili. In realtà il motivo principale per cui tutte queste invenzioni sono oggi di dominio pubblico risiede nella durata del diritto brevettuale che è di 20 anni. Non di 50 o 70, magari rinnovabili indefinitamente, ma di 20 anni. Non per questo il signor Marconi Guglielmo non è diventato ricco (ancora più ricco, in verità, perché già era ricco alla nascita). Ma ha dovuto produrre le sue radio, e mantenersi al passo con i tempi, perfezionandole con l’avanzare della tecnologia. I suoi successori nessuno li conosce più, e sicuramente hanno dovuto darsi da fare per conto loro; di certo oggi non vivono con i proventi dei diritti del loro antenato. Questo dovrebbe essere secondo me il concetto guida del diritto d’autore o del diritto brevettuale: ricompensare l’autore o l’inventore per la sua creazione, e per il progresso che in qualche modo questa ha apportato all’umanità. Ma ricompensarlo e proteggerlo per un periodo limitato (10 – 20 anni?), durante i quali egli, libero dal bisogno, possa usare il suo ingegno per creare altre innovazioni. Non proteggerlo a vita, facendolo diventare un semidio al quale tutto è dovuto. Ciò è non solo immorale; è anche illogico, perché lo spinge ad approfittare del suo status di super privilegiato, togliendogli ogni motivazione per produrre altre creazioni. Per non parlare poi dei suoi eredi, che non hanno nessuna giustificazione, né logica né morale, per godersi una intera vita di rendita. Invito tutti a tenere presenti queste considerazioni, quando vanno ad un concerto, quando ascoltano una canzone, quando vanno al cinema. Questi uomini che noi applaudiamo e osanniamo, ai quali sembra che tutto sia dovuto, sono uomini, dei, divi, o parassiti? Secondo me sono uomini che ci hanno dato qualcosa ma che hanno ricevuto e continuano a ricevere molto più di quanto hanno dato. E secondo me questo non è giusto.

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