Diamanti, il rendimento è per sempre.

Bot, Btp, fondi, obbligazioni, conti deposito, buoni fruttiferi postali… In momenti di crisi, con l’inflazione che torna a mordere i risparmi, è più che mai difficile scegliere l’investimento giusto. Le brutte sorprese possono essere dietro l’angolo, tra rendimenti nulli o addirittura in perdita, e insidie celate nelle clusole di contratto. Un’alternativa… brillante, nell’ambito di investimenti a medio termine – come ci insegna la Lega, con l’operazione ironicamente battezzata dal web ‘secessione da Tiffany‘ – potrebbe essere quella offerta dagli investimenti in diamanti! I migliori amici di una ragazza possono infatti dare buone soddisfazioni anche a coloro che cercano un porto sicuro che permette di ripararsi dalle ricorrenti spinte inflazionistiche. Il valore dell’investimento in gemme infatti è svincolato dall’andamento dei mercati finanziari e generalmente offre rendimenti che si collocano sempre a un punto, un punto e mezzo percentuale sopra l’inflazione reale. L’industria dei diamanti ha un giro d’affari annuo attorno ai 120 miliardi di dollari e le previsioni sono di una forte crescita. Basti pensare che la domanda cresce del 6-7% l’anno a fronte di una produzione destinata a calare del 2% entro il 2015. Quattro sono i fattori che determinano il valore del diamante: le famose quattro “C”, che sono le iniziali di Colour (colore), Clarity (purezza), Cut (taglio) e Carat (peso). Per la vendita dei diamanti esiste una apposita Borsa che ne regola il prezzo di mercato. Inoltre quotidiani specializzati (es. Il Sole 24 Ore in Italia) pubblicano settimanalmente i prezzi di listino comparato tra le principali Borse mondiali, come New York, Tel Aviv, Anversa, Tokyo. Il valore del diamante è, quindi, dettato dalle caratteristiche inconfondibili che lo fanno rientrare in una determinata scala o categoria, valore indicato mensilmente dal Rapaport, cioè il listino ufficiale a livello mondiale sul quale si basano le contrattazioni delle vendite e degli acquisti del diamante. Ogni diamante comprato (fino a 5 Ct.) deve necessariamente rientrare in una di queste categorie, e quindi il suo valore e il relativo aumento sarà sempre verificabile. Ma come scegliere la ‘nocciola’ giusta? Il taglio più richiesto è quello rotondo a brillante ed è anche il più quotato. I colori da preferirsi saranno compresi fra F-G Top Wesselton e H Wesselton perché più richiesti. La purezza consigliata andrà, da puro alla lente a 10 ingrandimenti IF a caratteristiche interne molto piccole difficili da individuare con la lente a 10 ingrandimenti VS2; il peso sarà tra 0,50 ct a 1,50 ct perché sono le carature più commerciali; le proporzioni e finiture da preferirsi saranno Very Good/Very Good o Good/Good; la fluorescenza è preferibile nulla oppure lieve con preferenza sull’azzurro. Il certificato consigliato sarà HRD, IGI o GIA (principali laboratori di analisi). Ma adesso mettiamo in pratica quanto detto finora e proviamo a simulare un investimento in diamanti, effettuato negli ultimi anni da un investitore europeo. Considerando che nel 2005 il prezzo del diamante era di 32.344 euro a carato e nel 2010 è lievitato a 39.655 euro il guadagno è stato del 22,6%. Se si confronta l’investimento in diamanti con quello in oro, il cui trend è inversamente proporzionale all’incertezza ed instabilità dei mercati finanziari ed al ripiegamento dei prezzi del mercato immobiliare, la differenza di rendimento tra i due beni evidenzia il maggior equilibrio del diamante rispetto al metallo giallo. Dal canto suo, il diamante, continuerà ad offrire un rendimento costante ed equilibrato, come successo finora, di circa il 4/5%, essendo un mercato controllato e gestito da pochi operatori di caratura mondiale.

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