Il governo ha scaricato medici e infermieri: “Ma non erano gli Eroi del Covid”?

di Costantino Troise, Presidente Nazionale Anaao Assomed. Il dibattito sulla sanità che verrà sembra incagliato tra la ebbrezza dei miliardi del Recovery fund da spendere, quando arriveranno, e la margherita del Mes da sfogliare. Di fatto, non c’è un progetto di sistema ma solo una lista della spesa, tanto facilmente condivisibile quanto vaga nelle declinazioni di dettaglio.

Rimarremmo, però, vittime di un effetto ottico, e di un difetto di logica, se pensassimo solo a come spendere, anche perché il Recovery fund riguarda il futuro e sul Mes non ci sono certezze, mentre ciò che interessa i medici è il presente.

Se ribaltiamo la narrazione spostando l’attenzione, come nella migliore letteratura gialla, da quello che c’è a quello che non c’è nella lista dei desideri, salta agli occhi l’assenza di un elemento centrale, quasi un prerequisito, in un sistema complesso, quale la sanità. Neppure tra le cinque “tracce fondamentali”, citate dal Ministro della Salute in una recente intervista a Il Messaggero, compare il personale, e le questioni relative a quel capitale umano che delle organizzazioni complesse rappresenta la maggiore risorsa.

Un ospedale non è, infatti, il ponte di Genova, opera straordinaria ma finita dopo il collaudo. Un ospedale rappresenta un contenitore che va riempito da chi, come i medici, in quei luoghi fisici vive e lavora fino ad identificarsi in essi, al pari delle comunità locali. Oggi i medici ospedalieri sono una risorsa tanto preziosa quanto scarsa, visto che nemmeno l’epidemia è riuscita a riempire i vuoti provocati nell’ultimo decennio, se non per il 50%, al Nord prevalentemente e prevalentemente all’insegna del precariato.

Sembra mancare nel Governo la consapevolezza che la crisi della sanità pubblica si sovrappone e si confonde con la crisi del medico pubblico, sull’orlo di un burnout che lascia spazio solo alla fuga, verso l’estero per i giovani e verso il privato per i meno giovani. Senza soluzioni alla seconda non c’è futuro possibile per la prima. Questo è lo scatto che serve alla sanità, un’innovazione profonda dell’organizzazione e della governance per valorizzare il capitale umano.

Se niente sarà come prima, per il personale dipendente del SSN, sospeso su un passato che non vuole passare, tutto rischia di essere peggio di prima, non rappresentando una priorità, nemmeno ora. Ma senza personale i presidi ospedalieri di cui tutti parlano, anche i privati, sono destinati ad essere quinte teatrali, le nuove tecnologie sulle quali si vuole investire elementi di arredo, il territorio puro riferimento geografico.

Eppure, si sono perse le tracce delle cause, organizzative ed ordinamentali, della crisi del capitale umano, senza nemmeno il cartello” stiamo lavorando per voi”. Non si vedono per medici e dirigenti sanitari, a differenza di quanto accade per altri, provvedimenti legislativi che disegnino una rotta nuova, per la quale non servono risorse economiche ma una merce altrettanto preziosa, per quanto più accessibile, come la volontà politica. Perche la crisi del medico pubblico non è effetto solo del de-finanziamento, ma anche della de-capitalizzazione.

Nessuno poteva anche lontanamente immaginare che il ruolo dei professionisti della salute avrebbe subito l’attuale deprezzamento, una condizione di immiserimento culturale e professionale che espropria il medico della post modernità della sua professione, svilita in merce e bene di consumo, nel trionfo della “medicina di carta”. La rivoluzione copernicana di cui parla il Ministro deve partire da qui ed ora, sull’esempio del governo francese che ha messo in campo cambiamenti ad effetto immediato, tra i quali aumento degli stipendi del personale e forme di governance partecipata delle Agenzie regionali della salute.

Per “separare il passato dal futuro” (Boccia) occorre intervenire su molti temi. Alcuni di sistema, quali gli assetti istituzionali, cioè i correttivi al federalismo imperante, anche nella versione moderna dell’autonomia differenziata, resi necessari dal fatto che la parola “nazionale”, dopo servizio sanitario, ha già compiuto metà della strada verso il dimenticatoio ed i guasti prodotti dalla legislazione concorrente e dalle diseguaglianze nella esigibilità di un diritto unico ed indivisibile quale quello alla salute, sono evidenti. Questo significa anche pensare a luoghi in cui il lavoro e le professioni del SSN abbiano voce nei confronti delle scelte di politica sanitaria, sul modello di quel consiglio sanitario nazionaleprevisto dalla L.833 come soggetto terzo, dal punto di vista istituzionale, tra Stato e Regioni.

E il destino della sanità del Sud, aspetto nuovo di una questione vecchia, che richiede nuovi criteri di equilibrio nel riparto del FSN, come promesso dal Ministro, evitando anche la beffa di una ulteriore penalizzazione prodotta dalla nuova griglia di valutazione dei LEA. Ma non sarà facile convincere i molti “Rutte” esistenti, qualcuno dei quali ha già dichiarato che il Sud deve aspettare (Godot?). Senza dimenticare la formazione medica post laurea, vera emergenza nazionale, ed il neocolonialismo delle Scuole di medicina, che stanno moltiplicando i corsi di laurea per occupare il mondo ospedaliero, con il favore delle Regioni, cui rimangono gli oneri economici.

Se queste tematiche interessano il sistema sanitario nel suo complesso, altre questioni riguardano, in maniera specifica e diretta, i medici ed i dirigenti sanitari dipendenti. Per i quali c’è non solo da assicurare “l’elaborazione di politiche volte a rimuovere gli impedimenti alla formazione, all’assunzione e al mantenimento in servizio” che chiede la UE. Ma anche ridiscutere ruolo, stato giuridico, modalità di reclutamento e di retribuzione, modelli organizzativi. E completare la L. 24/2017 sulla responsabilità professionale, con il passaggio ad un sistema “no fault” sul modello europeo, rimediando alla latitanza dello “scudo covid” promesso.

Per quanto riguarda lo stato giuridico, il medico e il dirigente sanitario dipendente è oggi, nel calderone della Pubblica Amministrazione, un impiegato di concetto, non un professionista al servizio dello Stato. Occorre rivedere ed accentuare fortemente il carattere “speciale” della dirigenza del S.S.N., delineato dall’art.15 del Dlgs 229/99.

Una dirigenza speciale, rafforzata nella sua autonomia, sia nel profilo professionale che gestionale, e nella peculiarità della “funzione” sanitaria svolta a tutela di un bene costituzionale rappresenta il superamento di uno status che ha mostrato la sua assoluta inadeguatezza.

E l’attuale modello di governance, di fatto un potere assoluto monocratico su cose e persone, ha prodotto la lacerazione del rapporto tra professionisti ed istituzioni sanitarie, due universi, diversi e distinti, di valori e di vocazioni che la cultura aziendalista non è riuscita a saldare. Il processo di aziendalizzazione, che continua solo per ordine di servizio, di fatto è fallito senza migliorare la qualità del servizio reso, vittima anche dell’invadenza pervasiva della politica che ha favorito il ramificarsi di interessi clientelari e spartitori ai quali subordinare anche il riconoscimento del merito e delle competenze professionali.

L’attrazione fatale verso modelli di organizzazione del lavoro di derivazione industriale, anche senza evidenza di maggiore efficacia ed efficienza, ha, poi, trasformato gli ospedali in organizzazioni votate al puro controllo dei fattori di produzione, medici e dirigenti sanitari compresi, e dei relativi costi, missione principale, se non unica, di Aziende sanitarie divenute OGM. Ed i medici in prestatori di opera, privati del controllo su prerogative importanti della professione, come i suoi contenuti, la autonomia e la responsabilità.

La complessità del mondo sanitario non può, in sostanza, essere governata con i soli strumenti della cultura aziendalista, usati anche con non celate forme di autoritarismo, escludendo dai processi decisionali le categorie professionali per costruire maxi aziende con mini medici. Ripensare l’attuale governance significa introdurre forme di partecipazione a modelli organizzativi ed operativi che non chiedano ai medici di tirarsi fuori dai codici etici e deontologici, per reclutare le intelligenze professionali tutte sull’obiettivo di “promuovere, mantenere e recuperare la salute fisica e psichica della popolazione”.

Se la criticità principale del SSN oggi è la destrutturazione del lavoro e il peggioramento delle condizioni in cui viene svolto, con il dilagare della medicina difensiva, la riduzione degli spazi di umanizzazione, la compressione dei tempi di relazione che sono tempi di cura, la caduta dei livelli di sicurezza delle cure per operatori e cittadini, occorre una riscrittura del lavoro medico e sanitario. Per recuperare un ruolo professionale coerente con il suo compito primario che è la tutela della salute dei cittadini, e ricostruire un sistema che privilegi, anche nei meccanismi di progressione di carriera, valori professionali rispetto a quelli organizzativi.

Inutile un vestito nuovo per cose vecchie. Occorre sottrarre medici e dirigenti sanitari al ruolo di mero fattore produttivo per utilizzare il loro “sapere” anche in funzione della mitica appropriatezza e del controllo dei costi, come parte della “soluzione” e non del “problema”. Che senso ha investire in ricerca se ai ricercatori si offre solo un precariato stabile mortificante dal punto di vista giuridico ed economico? Che senso ha destinare ingenti risorse all’edilizia ospedaliera se non si rende attrattivo il lavoro medico negli ospedali?

Non basteranno le archistars se non si comprende che il lavoro dei medici del SSN reclama un diverso valore, anche salariale, diverse collocazioni giuridiche e diversi modelli organizzativi che riportino i medici, e non chi governa il sistema, a decidere sulle necessità del malato. La questione, come si vede, non è riducibile alle sole infrastrutture, ma richiede una forte e credibile visione politica che utilizzi innovative forme, e strumenti, di concertazione, non solo istituzionale.

Insomma, i soldi servono, ma non sono tutto. Abbiamo le risorse per un piano Marshall della sanità pubblica ma non, ancora, un piano per i medici pubblici. Che oggi, finita la retorica degli angeli e degli eroi, sono tornati nell’invisibilità politica con i problemi di sempre, accentuati. Tanto che un dirigente sindacale ligure, lamentando l’eterna carenza di organico, così conclude un’intervista: ”Ci sono condizioni sotto le quali non si può andare. E siamo già oltre quel limite. Vogliono chiudere? Chiudano. Ma abbiano il coraggio di dirlo”.

Lavorare in ospedale non deve essere una sofferenza per chi garantisce i LEA con conoscenze e competenze che, spesso, fanno la differenza tra vita e morte, tra malattia e salute. Ma si sappia che il disagio crescente dei professionisti e la crisi di fiducia dei cittadini nell’affidabilità del sistema sanitario rappresentano un combinato disposto in grado di eroderne la sostenibilità, quali che siano le risorse investite.

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13 Responses

  1. fede-mi ha detto:

    Sarò pure un’italiota DOC, come dici tu, o una fessa come sottolinei, ma tu di DOC non hai neppure la pattana. E con ciò ti saluto e mi rinchiudo nel mio angoletto, tanto ci pensi tu a salvarci da ogni male… non è così?

  2. alessia m. ha detto:

    Felicità! Abbiamo un nuovo RIVOLUZIONARIO tale anonimissimo ALEX. grazie a lui e al suo imprinting rivoluzionario possiamo confidare in un mondo migliore. Evviva Alex, salvatore della patria!

  3. Alex ha detto:

    Poteva mancare l’italiota DOC? Assolutamente, no! Ed eccolo paracadutato. Se ne sentiva la mancanza! E’ fede-mi. Grazie alle persone come lei, le cose vanno male. Seguiti a rimanere asserragliato nel suo angoletto. Per il momento le sembrerà di ottenere qualche vantaggio, ma ben presto farà la fine del topo! E le starà bene! Peccato che con lei finiranno tanti altri che non la pensino codardamente come lei!
    NB. Non sono un “sognatore”. Almeno così non mi presento agli occhi delle persone più avvedute. Solo gli italioti: i fessi per eccellenza, seguitano a fare come lei. Vedrà quanto andrà lontano!

  4. fede-mi ha detto:

    in Italia solo si sognatori come Alex sognano la rivoluzione. Il popolo sta fin troppo bene per rivoltarsi e quindi no subisce ma cerca di trarre i massimi vantaggi dal marasma generale, che bene o male fa comodo a tutti: cittadini e governanti!
    Caro Alex…. Finchè la barca va, lasciala andare…..

  5. Alex ha detto:

    Gentile Veronica 66, noi NON VOGLIAMO, MA DOBBIAMO SUBIRE questa situazione. Dobbiamo subirla per colpa di tantissimi ignoranti e sciagurati!
    Un appunto: come mai l’Autore dell’articolo, dopo aver lanciato il sasso, si defila dalla relativa discussione?
    Si crogiola forse sin troppo bene nella figura dell’EROE?

  6. Veronica'66 ha detto:

    Carissimo e Seguitissimo Alex,
    “Dobbiamo subire”, questa è la chiave di lettura della crisi sistemica mondiale.
    “Dobbiamo subire” perchè VOGLIAMO SUBIRE, perchè tutto sommato ci sta bene così!

  7. Alex ha detto:

    Gentile Danilo_RM, sono perfettamente d’accordo con quanto rileva. Se legge i miei precedenti interv enti potrà constatarlo. La colpa di tutto risiede nell’insensato comportamento di una accozzaglia illusa di possedere la Dignità di Popolo! Grazie per l’osservazione che mi ha dato modo di riproporre il vero marciume della società odierna. Un coacervo di anfoteri straccioni conferisce il potere a un pugno di depravati glebalisti! E così, grazie a coloro che si prestino a tali giochetti, ora arriva la DITTATURA SANITARIA. Che, purtroppo, dobbiamo subire anche noi!

  8. Danilo-RM ha detto:

    Caro Alex, punti il dito contro la “finanza glebalista”, come tu la chiami, ignorando che il vero problema è chi alimenta tale finanza, gente come noi che predica bene e razzola male, che è contro la globalizzazione, contro il mercato unico, il consumismo e l’inquinamento del pianeta, ma che mai e poi mai saprebbe rinunciare ai suoi benefici: dallo smartphone, al climatizzatore, all’automobile, ecc, ecc.

  9. Alex ha detto:

    Non è gratificante il fatto di non esser capiti. A chi come Elena S. fa’ osservazioni assolutamente fuori luogo, si dovrebbe rispondere in maniera appropriata. Ma non lo faccio. Mi limito a ricordarle che quanto da me osservato non riguardi soltanto l’italietta, ma il globo intero. Le responsabilità della classe medica non sono soltanto italiane; anzi, conoscendo l’indole degli iutalioti, preciso che essi, come al solito, rappresentino l’ultima ruota del carro. Qui si parla di DITTATURA SANITARIA a livello GLOBALE! E’ l’intera classe medica a essersi svenduta al potere finanziario! Per cui, il sig. Troise, prima di fare certe affermazioni, provi a svincolarsi dal giogo della finanza glebalista: faccia in modo che ciascun medico, almeno per quanto di sua competenza, possa esercitare la sua ARTE, e non la sua professione, alla luce della formazione datasi. Soltanto dopo torni a scrivere. Altrimenti se ne stia buono, al suo cantuccio, in attesa della successive disposizioni della finanza glebalista. Suona più chiaro adesso quel che dico?

  10. Elena S. ha detto:

    Caro Alex, puoi anche avere qualche ragione, ma io non nessun torto nel controbatterti che non è possibile fare di tutta l’erba un fascio! Non è possibile che in questo scassato paese non si salvi niente e nessuno! Il problema è che la gente per bene e onesta resta sempre all’ultimo banco, in ultima fila!

  11. Alex ha detto:

    Gentile Autore dell’articolo. Quanto da Lei riportato sarebbe pienamente condivisibile in un diverso contesto sociale. In quello attuale, invece, no. E sa perché non lo è? Proprio per il comportamento tenuto dalla classe medica: da quella categoria di cittadini che dovrebbe avere particolarmente a cuore la salute della gente e non gli interessi delle multinazionali del farmaco. Non avendo cure specifiche contro il coronavirus, avete somministrato tante porcherie a quei poveracci ammalatisi. Vi siete sottomessi al regime. Emerge sempre più chiaramente la via verso la dittatura sanitaria che un pugno di criminali intenda attuare a livello addirittura planetario. E non osservi che si tratti di “complottismo”, altrimenti dovrò ricredermi sul fatto di averLa tenuta in considerazione. Prima riappropriateVi della Vostra autonomia terapeutica e di ricerca, sganciatevi dai “protocolli” imposti dalla finanza mondialista, cominciate a rivolgerVi al malato e al suo contesto con il medesimo approccio adottato dai Medici del passato, e soltanto allora avrete il diritto a l’autorità di pronunciarVi su certe questioni.

  12. Simo70 ha detto:

    Bentornato Giacomino, sentivamo la tua mancanza e ci stavamo preoccupando per la tua prolungata assenza… baci&abbracci

  13. Giacomo-TO ha detto:

    L’ITALIA è il Paese dei furbi – le persone perbene sono sempre penalizzate

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