Che cosa vuol dire questione morale?

di Maria Pia Caporuscio. Quello che i politici non perdonano al magistrato Piercamillo Davigo oltre ad essersi permesso di denunciare la realtà dei fatti, è anche la chiarezza del linguaggio. Il magistrato ha avuto l’ardire di usare la bellissima lingua italiana (che scrittori, poeti e professori adoperano per essere compresi da tutti) al posto del fumoso politichese (un ammasso di parole senza senso)
usato dalla casta affinché nessuno capisca, ma consente loro di continuare a fare il porco comodo alle spalle degli ignari cittadini. La nebbia è la bussola dei politici, serve a coprire il sole e impedirgli di far luce sullo squallore del loro esistere. Questi signori si sono inventati la parola “giustizialismo” per convincere i cittadini che si farebbe un uso scorretto della giustizia, balle! La ragione vera è che vogliono zittire la magistratura che si permette di controllare anche lorsignori autoproclamatisi “padreterni”. Questi signori non sopportano di essere considerati alla pari degli altri cittadini e non perdonano chi osa denunciare i crimini che commettono. Rovesciano la realtà stuprando persino le parole: la guerra è diventata pace e l’onestà giustizialismo e chi osa smentirli, viene messo all’indice se non addirittura schiacciato dalla provvidenziale macchina del fango. La pretesa di silenziare i magistrati è per davvero folle, è come proibire ad un prete di parlare di religione o ad un musicista di musica, per cui si tratta di vera e propria deriva demenziale. Cosa c’è di così sbagliato nel fatto che chi presiede l’Associazione Nazionale Magistrati parli di questione morale? Cos’è la questione morale se non la denuncia che la politica sia diventata una lobby d’affari (clientelismo, conflitto d’interessi, corruzione e collusioni con le mafie e con ogni qualsiasi organizzazione malavitosa)? I cittadini dovrebbero insorgere contro la vergognosa e immorale autodifesa della classe politica, ma sono stati resi impotenti: soli e abbandonati, esattamente come i fuggitivi dalle guerre, su zattere alla deriva. Questi che si possono anche definire crimini contro l’umanità, sono la conseguenza di una classe dirigente da buttare. Un politico degno dovrebbe essere il primo a condannare chiunque sia anche “solo sospettato” di aver commesso un reato e questo per salvaguardare la propria dignità oltre che tentare di fermare il decadimento morale della politica. Solo agendo in questo modo un politico può guadagnarsi la fiducia dei cittadini, non con l’assurda autodifesa fatta di chiacchiere a cui nessuno più crede. Questi signori dovrebbero tenere bene in mente che si stanno occupando degli interessi di una nazione e di milioni di cittadini e non devono solo essere, ma anche apparire immacolati, altrimenti i cittadini non possono che ritenerli tutti disonesti. Il loro comportamento alla Pilato, non fa che confermare che la corruzione faccia parte del DNA della classe dirigente, senza nessuna distinzione.

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