Indulto: Una risposta all’Europa. Uno schiaffo agli italiani!

Come da troppo tempo accade nel Belpaese, è ormai in uso la cattiva abitudine che norme e provvedimenti quando vengono attuati, lo sono per far piacere all’Europa e non nell’interesse dell’Italia, tutt’altro! E’ successo per il fiscal compact, che ha salassato le tasche degli italiani ancora in coda per pagare la mini-Imu e l’integrazione alla Tares, potrebbe accadere con l’indulto e l’amnistia che risponderebbero sì alle sollecitazioni Ue di adeguare le carceri italiane, sovraffollate, a condizioni più umane, ma che svuoterebbero pericolosamente le patrie galere, rimettendo in circolazione borseggiatori, spacciatori e malviventi. Forse il futuro governo Renzi saprà intervenire con il bisturi per riformare dalle fondamenta la struttura dello Stato Italiano, ma  per il momento dobbiamo accontentarci di alleviare le sofferenze del Paese e di lenirne i dolori lancinanti che ne conseguono, buttando giù qualche aspirina, come l’indulto reclamato dalla Cancellieri. Il ministro della Giustizia ha, infatti, riferito alla Camera che “il funzionamento del sistema giudiziario continua a essere in sofferenza, pur a seguito dei numerosi interventi introdotti negli ultimi anni. E’ sotto gli occhi di tutti l’eccessivo carico di lavoro che affligge gli uffici giudiziari. Alla data del 30 giugno 2013 si contano 5.257.693 di processi pendenti in campo civile e quasi 3 milioni e mezzo in quello penale”.  “Siamo in presenza – ha detto il ministro – di un fenomeno imponente di dilatazione, in termini quantitativi, ma soprattutto qualitativi, del lavoro giudiziario provocato non solo da un aumento della litigiosità nel campo civile o della attività criminale in campo penale”, ma anche dalle “trasformazioni della società”. Con la riforma della geografia giudiziaria “non solo sono state eliminate le strutture di modeste dimensioni, dove in alcuni casi era evidente la sproporzione tra il numero di persone addette all’ufficio ed il basso carico di lavoro, ma è stata anche alleggerita la pressione sugli uffici metropolitani di maggiori dimensioni, come Milano, Torino e Napoli. Le inefficienze della giustizia – ha proseguito – hanno pesanti ricadute anche sul debito pubblico. I ricorsi per il riconoscimento della responsabilità dello Stato per i ritardi in materia giudiziaria, regolati dalla legge Pinto, costituiscono larga parte del contenzioso seguito dal Ministero. Numero ed entità delle condanne rappresentano annualmente ancora una voce importante del passivo del bilancio della Giustizia, la cui eliminazione va posta come prioritario obiettivo”. 
Questa la diagnosi. Peccato che la terapia, suggerita dal Ministro, non vada nella direzione di risolvere una volta per tutte i problemi legati alla giustizia italiana – nuovi e moderni istituti di pena, ampliamento degli organici e snellimento delle pratiche burocratiche che ingorgano i tribunali, maggiori controlli, sicurezza e prevenzione sul territorio degli atti criminosi – ma sia il solito “condono”, il solito colpo di spugna, il solito schiaffo in faccia agli italiani: “Mi preme ribadire – puntualizza il Ministro – che l’insieme delle misure programmate ed in corso di attuazione sul fronte delle carceri non produce un’alterazione dell’equilibrio sociale, poiché non è previsto alcun automatismo nella concessione dei benefici penitenziari. Ogni decisione è assunta dal magistrato di sorveglianza. Al Parlamento resta la responsabilità di scegliere se ricorrere a quegli strumenti straordinari evocati dal Presidente della Repubblica e che certamente ci consentirebbero di rispondere in tempi certi e celeri alle sollecitazioni del Consiglio d’Europa. L’attuale condizione di difficoltà in cui versa il sistema giudiziario non deve far prevalere l’erronea convinzione che le cose non possano migliorare, né costituire un alibi per l’immobilismo. Tutti possiamo contribuire a far sì che l’ottimismo della volontà prevalga sul pessimismo della ragione”. 

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