Beirut: manifestazioni di piazza e default dello Stato.

di Attilio Runello. Le manifestazioni di piazza a Beirut, in parte pacifiche in parte violente, sono su tutti i media perché legate all’esplosione nel porto di cui ancora si contano i danni.
Le manifestazioni di piazza in Libano negli ultimi dodici mesi sono state frequenti.
All’origine c’è una diffusa corruzione e il frequente uso alla raccomandazione che taglia fuori molti giovani e li costringe ad emigrare.
Non si tratta dunque di abbattere un governo a favore dell’opposizione, e nemmeno il tentativo di fare un nuovo partito.
Il Libano è un paese che vive di turismo, di finanza e sembra anche di coltivazione e commercio della droga. Forse per il porto di Beirut è passato anche commercio di armi. I soldi nelle banche del Libano giungono in parte dai paesi arabi, anche perché le banche tradizionali nei paesi arabi non possono concedere prestiti e quindi far fruttare il denaro. Dall’Iran sembra che arrivino flussi di denaro sporco da riciclare e da Arabia Saudita (ma non solo) i petroldollari.
Lo Stato ha sovvenzionato parte della popolazione con sussidi o posti di lavoro statali ed è stato sovvenzionato dalle numerose banche.
Al momento questo Stato, che comunque riesce a portare pacificamente i rappresentanti di cristiani, sciiti, sunniti, drusi in parlamento dove si spartiscono le cariche, è in crisi finanziaria.
Da alcuni mesi è in default e non riesce a pagare gli interessi sul debito.
L’esplosione ha fatto scappare i turisti e ha lasciato un numero imprecisato di persone (si parla di trecentomila) senza un alloggio.
I servizi fondamentali vengono erogati a fatica.
Si potrebbe far ricorso a un prestito con il Fondo monetario, ma gli Hezbollah sono contrari.
In futuro delle entrate potrebbero arrivare da eventuali giacimenti offshore, dove stanno trivellando russi, francesi e la nostra Eni, ma ci vorrà tempo.
Aiuti stanno arrivando con mezzi, ma anche con aiuti economici: trentasei milioni di euro dalla Ue, probabilmente ne arriveranno anche altri dai paesi arabi.
Ma tutti vogliono esercitare interferenze. I paesi occidentali vorrebbero contenere gli Hezbollah, con cui l’attuale presidente Aoun, cristiano, è alleato. Israele ne fa parte e inoltre contesta alcune delle trivellazioni perché vicine alla loro zona di sfruttamento.
Esiste all’interno del paese anche una grande preoccupazione per la presenza dei profughi siriani. La preoccupazione proviene anche dalle autorità religiose cristiane che temono la fine degli attuali equilibri e l’estromissione dei cristiani dalla vita politica. I governi in questi anni fanno di tutto per scoraggiarli a rimanere in Libano. Solo a un quinto di loro è stato concesso un permesso. Gli altri sono “sfollati”.

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