Art 1 Movimento Democratico e Progressista.

di Gerardo Lisco. Dei mille giorno del Governo Renzi restano ormai le macerie. Gli italiani, a partire dalla seconda metà del 2016, hanno smesso di credergli, hanno preso atto che al di là del “velocismo” non c’era assolutamente nulla di nuovo se non le solite politiche neoliberste fatte di tagli al sociale e di smantellamento dei diritti dei lavoratori. Renzi conquista il governo da “Bonapartista” dicendo cose gradite all’opinione pubblica stanca delle pratiche di classi dirigenti
capaci solo di assecondare gli interessi dei ceti sociali egemoni. Dopo la sconfitta al referendum e le inchieste giudiziarie che vedono coinvolti sia il padre di Renzi che Lotti, uno dei suoi maggiori collaboratori, al blocco di potere che ha sostenuto e fatto crescere l’ex capo del governo,  si pone il problema di trovare un sostituto; alle opposizioni si pone invece il problema di come riposizionarsi per candidarsi alla guida del Paese. Il Governo Gentiloni è funzionale agli interessi del blocco di potere che ha retto Renzi perché continua con le stesse politiche; ma può essere utile anche a quelle forze politiche alla ricerca di una fuoriuscita dalla crisi sociale economica e democratica rispetto alle opzioni rappresentate dal nazional capitalismo o da un rientro puro e semplice di Renzi e del suo modello di gestione del potere. Dopo il governo Renzi caratterizzato da “velocismo” neofuturista, una comunicazione allo stesso tempo ipermoderna e infantile fatta di tweet, selfies e termini quali “rosiconi” e “gufi”, che hanno eccitato l’opinione pubblica provocandone la reazione, serviva un governo moderato nella comunicazione, capace di calmare gli animi. Ecco a noi, allora, Gentiloni. Aristocratico per nascita, con una militanza politica radical chic ma anche legato al mondo Cattolico per discendenza e per assonanza di interessi, come dimostra il suo incarico di Assessore al Giubileo all’epoca di Rutelli Sindaco di Roma. Gentiloni è la tipica figura di “sessantottino” passata dai movimenti della sinistra estrema al centrismo puro, incarna l’eterno ritorno della storia politica italiana: il trasformismo. Leggevo giorni fa che Gentiloni al governo avrebbe prodotto poco o nulla. Non credo che sia proprio così, un primo obiettivo lo ha raggiunto smorzando la spinta referendaria. Contestualmente sta operando in linea con gli indirizzi di politica economica e sociale rivenienti dal Governo Renzi stando attento a non alimentare conflitti inutili. Basta vedere cosa è successo con i decreti attuativi della controriforma scolastica e con i tagli alla spesa sociale o analizzare le proposte del Ministro Poletti circa l’introduzione del reddito d’inserimento a favore delle fasce sociali più povere che contrasta con i tagli operati ad altri capitoli di spesa sociale. Capiremo meglio il Governo Gentiloni rispetto a ciò che farà quando dovrà ridurre di 3,4 miliardi il deficit di bilancio e lo capiremo ancora meglio rispetto alla rinegoziazione dei trattati UE in materia di vincoli di bilancio e sulla riorganizzazione di una U.E. a due velocità. Un movimento politico come Art 1 Movimento dei Democratici e dei Progressisti, che si pone come obiettivo la costruzione di un nuovo centrosinistra alternativo al blocco neoliberista rappresentato dal PD renziano, dovrà scegliere con attenzione la sua azione di forza politica di “opposizione e di governo”, sbagliare un passaggio equivarrebbe alla fine del movimento. Deve avere il coraggio di marcare in modo forte la propria posizione su questioni che hanno valenza sociale ed economica all’insegna dell’uguaglianza e della giustizia distributiva. Deve accuratamente evitare di farsi imbrigliare sui temi dei diritti di libertà barattando questi con questioni attinenti i diritti sociali e l’uguaglianza sostanziale. A titolo di esempio non può assecondare tout court il processo di privatizzazione dei servizi pubblici di interesse economico. In questo momento il DDL Madia è ancora bloccato a seguito della pronuncia da parte della Consulta e lo stesso Governo evita accuratamente di affrontare la questione in nome del moderatismo che lo caratterizza. Questo settore da solo occupa circa 1 milione di lavoratori. Non si capisce quali siano le ragioni delle privatizzazioni se su 10.000 aziende a partecipazione pubblica quasi 8.000 risultano attive. Altro tema è appunto quello della scuola: non si può continuare a penalizzare ancora una volta questo settore: docenti e non docenti ma anche studenti e famiglie. Ed infine, altro argomento fondamentale su cui schierarsi sono i criteri con cui si procede all’attribuzione delle risorse finanziarie rispetto a servizi quale ad esempio il trasporto pubblico locale. Ho citato tre temi che da soli interessano, tra lavoratori ed utenti, milioni di cittadini e rispetto ai quali si misura la qualità di un sistema sociale. Nel caso delle molte partecipate la funzione che queste svolgono nell’erogare servizi di interesse primario senza pesare affatto sul bilancio degli Enti Pubblici dei quali sono proprietà. Per dirla con un solo termine bisogna porre fine alla dittatura dell’algoritmo. Il moderatismo è la malattia mortale per qualsiasi movimento politico che pone al centro della propria azione politica la costruzione di una Democrazia più avanzata e di un sistema sociale più giusto ed equo.

You may also like...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *