Alitalia ai commissari, 600 milioni dallo Stato. L’obiettivo è venderla!

di Alessia Gozzi. Commissariamento e prestito ponte da 600 milioni per sei mesi. L’assemblea dei soci di Alitalia e, a stretto giro, il consiglio dei ministri, hanno sancito l’inevitabile epilogo dopo il no dei lavoratori al piano industriale. La storia si ripete. Ma gli aerei per ora non resteranno a terra, ci pensa lo Stato a mettere un po’ di benzina per consentire alla compagnia di volare ancora qualche mese.
Non «una rinazionalizzazione», che resta esclusa – sottolinea il premier, Paolo Gentiloni – ma «un intervento di responsabilità per assicurare alcuni servizi fondamentali». Tradotto: connettività, biglietti acquistati e mantenimento del patrimonio, per sei mesi, restano garantiti. Sei mesi e seicento milioni, «il massimo che potevamo fare» assicura il ministro dello Sviluppo Carlo Calenda, sottolineando che non si tratta di un prestito a buon prezzo ma «a condizioni di mercato», cioè un tasso Euribor più 1.000 punti base (cioè circa il 10%). Il massimo che le regole europee sulla concorrenza (e i vincoli di bilancio) potevano concedere. Luigi Gibitosi, Enrico Laghi e Stefano Paleari sono la triade nominata dal governo per gestire la difficile fase dell’amministrazione controllata. L’ex dg Rai, il commissario Ilva e l’esperto di trasporto aereo avranno un mandato ampio ma in tempi stretti, con un obiettivo chiaro: «A breve (15 giorni dalla pubblicazione del decreto) – spiega Calenda – dovranno aprire alle manifestazioni di interesse per individuare il potenziale acquirente» e «far spendere il meno possibile di soldi pubblici». Ovviamente, possono lavorare con le banche per trovare una soluzione più vicina alla ristrutturazione. Il governo è convinto che Alitalia possa trovare soci industriali «capaci di investire e sanare le debolezze storiche» della compagnia che, spiega il ministro delle Infrastrutture, «non dipendono dalle low cost ma da strategie di posizionamento sbagliate» su un mercato che, invece, cresce. Di cui Alitalia ha ancora una quota del 40%, sottolinea Delrio, attaccando il management: «Se, invece di polemizzare con me, si fosse più occupato della gestione dei punti deboli, forse avremmo avuto più successo». I tempi supplementari concessi dallo Stato, con un prestito oneroso, puntano a evitare una liquidazione spezzatino: si continua a lavorare sul piano per trovare un compratore adeguato e, intanto, si tutelano passeggeri e lavoratori. La scelta di mettere gli aerei a terra avrebbe avuto «impatti pesantissimi», ribadisce Calenda, ricordando che Alitalia ha 4,9 milioni di prenotazioni e trasporta 2 milioni di passeggeri al mese. Tempi stretti, strettissimi, per trovare un potenziale acquirente. Secondo la legge, i commissari devono presentare al Mise entro luglio, o al massimo settembre, il programma di ristrutturazione che deve soddisfare i creditori, eventualmente anche attraverso concordato, e che può essere rigettato. In quel caso, scatta la cessione dei beni aziendali o il fallimento. Si chiude così dopo meno di tre anni il salvataggio arabo di Alitalia, con l’ingresso di Etihad Airways nell’azionariato (560 milioni per il 49%) e la promessa di un fulgido futuro. «Abbiamo fatto tutto quanto in nostro potere – ha sottolineato con rammarico l’ad James Hogan – ma è chiaro che la compagnia ha bisogno di una ristrutturazione profonda e su vasta scala per sopravvivere e crescere in futuro». Dunque, via libera alla decisione del cda di Alitalia che, all’unanimità, ha richiesto l’ammissione all’amministrazione straordinaria. Si attaccano a un lumicino di speranza i sindacati: «C’è ancora spazio – sostiene la Fit-Cisl – per trovare strade alternative ad esiti disastrosi per il paese ed i lavoratori».

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