Alessandro Del Piero, alias Alessandro Magno.

di Alberto Sigona. Fra qualche giorno, il 9 di novembre, Alessandro Del Piero compie 46 anni. Riviviamone assieme le gesta.

ALESSANDRO MAGNO. Prelevato dal Padova nel 1993 (18enne), nel volgere di pochi anni diverrà la storica stella indiscussa della Juventus, con la quale in 19 anni vincerà tutto a suon di record. Lui è Alessandro Del Piero, il più grande bianconero di sempre.

DAGLI ESORDI ALL’ESPLOSIONE INTERNAZIONALE ’95-‘96. A volerlo fortissimamente alla corte della Vecchia Signora fu diciotto anni orsono quel volpone di Giampiero Boniperti, leader storico della squadra che fu di Charles & Sivori negli anni ‘50. Del Piero (seconda punta o trequartista, comunque attaccante) si era già messo in luce con le formazioni giovanili prima e col Padova poi, grazie a doti geniali, da vero fantasista. In molti intravedevano in lui virtù da fuoriclasse in erba. Un baby prodigio insomma su cui la Zebra si voleva aggrappare per riportarsi dopo anni d’oblio nella foresta dei grandi. Del Piero ripaga subito la fiducia datagli dalla dirigenza bianconera, cui faceva capo un certo Gianni Agnelli, con la cui famiglia da sempre si identifica la compagine piemontese. Dopo poche partite, infatti, Alex stupirà gli addetti ai lavori ed i tifosi, siglando una gran tripletta al Parma, che spingerà il Guerin Sportivo a dedicargli la copertina con tanto di titolazione profetica: “E’ nata una stella!”
Nel 1994-’95 contenderà già il posto al suo alter ego Roby Baggio, e la Signora, anche in virtù del suo contributo (8 gol e tanti assist) tornerà a fregiarsi dopo 9 lunghissimi anni del Titolo Italiano (i bianconeri vinceranno anche la Coppa Italia), concludendo il torneo con ben 10 punti di margine su Parma e Lazio. Nel frattempo il fantasista di San Vendemmiano inizierà ad essere impiegato pure in Nazionale, un’avventura che -come poi vedremo- culminerà col Titolo Mondiale 2006. Nel ’95-’96 Del Piero è già maturo per guidare la squadra come un veterano, e sarà dato il benservito a Baggio, per affidare le redini del team al nuovo reuccio del calcio italiano, che a soli 20 anni studia da futuro capitano. La Juventus di Pinturicchio (ribattezzato così da Gianni Agnelli) vincerà la 2^ Coppa dei Campioni della propria storia. Mattatore della manifestazione fu proprio Del Piero, coi suoi gol (6 in tutto), molti a giro, che diverranno un marchio di fabbrica internazionale. Era la Juve di mister Lippi, di Peruzzi, Ferrara, Vierchowood, Conte, Deshamps, Jugovich, Vialli, Ravanelli, e appunto di Sir Alex, che finirà l’anno solare 1996 con lo storico gol schianta-River Plate nella Finale della Coppa Intercontinentale, riportando la Signora in cima al Mondo (2° titolo Mondiale). L’anno seguente assisteremo alle prodezze della più forte Juve di sempre, capace di vincere al Parco dei Principi, contro i francesi del PSG con un umiliante e leggendario 6-1, conquistando (dopo il 3-1 del ritorno, a Palermo, con doppio Alex) la 2^ Supercoppa Europea. Per non parlare dello stesso punteggio rifilato in A al Milan, a domicilio. In squadra non vi erano più gente come Vialli e Ravanelli, ma in compenso si poteva contare sui vari innesti rispondenti ai nomi di Boksic, Vieri ed Amoruso, che trascineranno i piemontesi al secondo Scudetto in tre anni. La stagione, che vedrà spesso Del Piero out per vari infortuni, culminerà con la Finale di Coppa Campioni, persa in maniera rocambolesca col Borussia Dortmund (3-1, gol di tacco di Del Piero), favorito nettamente dall’oscena direzione arbitrale, la più vergognosa nella storia della kermesse.

LA STAGIONE DEI RECORD. Se sinora avevamo potuto ammirare solo a sprazzi la classe di Alex (frenato spesso dagli infortuni), finalmente, archiviati i problemi fisici, nel ’97-’98 il numero dieci bianconero, che salterà pochissime partite, vivrà la sua miglior stagione, anche prolificamente parlando, siglando 21 gol in A (mai prima d’ora in doppia cifra) ed addirittura 10 in Coppa dei Campioni (è sinora l’ultimo capocannoniere italiano di una edizione). Per Alex è la consacrazione definitiva. La sua squadra si laurea ancora Campione Italiana con pieno merito, al di là delle polemiche grottesche seguite dopo l’ormai famoso Juve-Inter 1-0, deciso proprio da un suo gol. Purtroppo la Zebra vivrà un’altra disgrazia sportiva, perdendo la seconda finale consecutiva di Coppa, arrendendosi al Real Madrid a causa di un gol in fuorigioco di Mijatovic: è una maledizione europea in grande stile. La stagione termina peggio per Alex, con le magre figure che rimedierà in Nazionale ai Mondiali France ’98.

DALL’INFORTUNIO DI UDINE AL RITORNO DI GLORIA. Proprio quando la stella di Del Piero sembrava brillare in maniera accecante ecco avvenire quello che non t’aspetti. Il diavolo vi mette la coda ed il Nostro rischia addirittura il prosieguo della carriera. In un match di Serie A ad Udine, l’8 novembre 1998, al 92esimo minuto della partita Udinese-Juventus, Del Piero riporta la lesione dei legamenti crociati anteriori e posteriori del ginocchio sinistro. Sarà un caso ma la zebra intraprende da quel momento una repentina inversione di marcia che culminerà con l’esonero dell’uomo dalle tante vittorie, il coach Marcello Lippi (gli succederà Carlo Ancelotti) e con il ripiegamento in Intertoto, emblema di un torneo fallimentare. Alex tornerà solamente dopo 9 lunghi mesi durante i quali – al fine di ritornare pienamente integro sui campi di gioco – fu sottoposto ad un severo programma di riabilitazione. Per Del Piero seguirà un periodo ancora più buio di quando era fermo ai box. La condizione tarda ad arrivare e tutti s’improvvisano facili profeti, dandolo per finito, per un coro che per mesi condizionerà il reintegro di Pinturicchio. Terminerà il torneo con un solo gol su azione (ma 8 rigori su 8) e seri interrogativi sul suo futuro da leader. E come se non bastasse, la Juve perderà lo Scudetto all’ultima giornata, a favore della Lazio. In Nazionale Del Piero disputerà però gli Europei, malgrado la sua forma imbarazzante. E sarà proprio il numero dieci a fallire in Finale due buone occasioni per regalare agli azzurri il Titolo: per il calciatore è il punto più basso della carriera. La stagione seguente Del Piero torna lentamente il fantasista che conoscevamo, disputando un buon finale di campionato (9 gol). La Juve però arriva seconda alle spalle della Roma di Totti, il cui paragone con Alex dividerà per anni l’Italia, un po’ come fu per Coppi e Bartali.

Nel 2001-’02 va via Ancelotti per far spazio al ritorno di Lippi. In due anni la squadra di Corso Galileo Ferraris vincerà un paio di Scudetti. Il primo sarà ottenuto sorpassando l’Inter all’ultima giornata (il famoso 5 Maggio 2002) a completamento di una fantastica rimonta. Il secondo in surplace sempre sull’Inter. Per Alexinho sono 32 gol in due Campionati (16 su 24 caps nel 2002-2003!). In Coppa Campioni (4 gol nel 2001-02 e 5 la stagione seguente) la maledizione non si eclissa, ed i bianconeri perdono ai rigori la Finale tutta italiana col Milan. L’anno seguente Del Piero starà spesso ai box per un paio d’infortuni, e la Juve (ancora un caso?) sarà fatta fuori dalla lotta Scudetto. A fine stagione anche il secondo ciclo di Lippi avrà fine mestamente.

GLI ANNI DI CAPELLO E LA DISGRAZIA DI CALCIOPOLI. In panchina arriva Capello e per Del Piero il posto da titolare, per la prima volta dopo tanti anni, inizierà ad essere messo in discussione da scelte opinabili dell’ex mister di Milan, Roma e Real. Con lui Capello è intransigente e ogni partita per Del Piero si trasforma in un esame, e se non dà il massimo Capello lo relega in panca senza troppi complimenti. Tuttavia Del Piero saprà sfruttare, da autentico fuoriclasse, ogni occasione, a suon di gol e prestazioni maiuscole (palesando una continuità che non si vedeva da anni), arrivando persino a migliorare la media-gol rapportandola ai minuti giocati. Per la Juve arrivano 2 Scudetti: il primo dopo un testa a testa spettacolare col Milan, risolto proprio nella sfida diretta di San Siro, con il grandissimo Trezeguet (simbolo della nuova Juve, che formerà con Alex la coppia gol più prolifica all time) servito da una super rovesciata di capitan Del Piero ormai entrata nell’immaginario collettivo. Anche il secondo sarà ottenuto sul Milan, ma lo scandalo di Calciopoli lo annullerà, relegando addirittura la Juve in B per la prima volta nella storia. Del Piero – nel frattempo laureatosi bomber storico della Juventus con oltre 182 gol, superando Boniperti, e Campione del Mondo con la Nazionale di Lippi (un gol memorabile alla Germania in casa loro e realizzatore di uno dei 5 rigori della Finale) – seguirà la Juventus fra i cadetti. Proprio Pinturicchio trascinerà la Juve fuori dall’inferno, vincendo con 20 gol il titolo di Capocannoniere di B.

L’ERA POST-CALCIOPOLI: LA LUNGA RINASCITA. Nel 2007-’08 Del Piero (con Ranieri in panchina) si ripete anche in A, con 21 gol, conquistando il titolo di tiratore scelto a 33 anni suonati. Ma per la Juve sarà terzo posto. Anche nel 2008-’09 la Vecchia Signora fallirà l’appuntamento sia con lo Scudetto (13 gol per Pinturicchio) sia con la Coppa dei Campioni (Alex segna 6 gol, alcuni “alla Del Piero”, per uno stile che si era un po’ ingrigito negli anni) ed a fine stagione Ranieri – che comunque potrà vantarsi di aver schiantato il Real Madrid al Bernabeu con mitica doppietta…indovinate di chi – cederà il posto a Ciro Ferrara, con il quale ci si illude di poter rinascere. Ma anche per l’ex difensore bianconero presto si apriranno le porte dell’esonero: subentra Zaccheroni ma la musica non cambia, e per la Juve, a fine 2009-2010, sarà solo 7° posto, nonostante i 9 gol, tutti nel girone di ritorno (il girone d’andata lo aveva saltato in gran parte per infortunio), di Alex, il quale supera quota 300 reti in carriera!
Nel 2010-2011 arriva Del Neri, ma la Signora non vuole proprio saperne di rinverdire l’effige. Del Piero (8 gol), malgrado l’avanzare inesorabile degli anni, e l’utilizzo parsimonioso (per usare un eufemismo), è sempre il simbolo di quella che però ormai appare una bagnarola (Alex siglò 3 reti fantastiche in Europa League, come ai vecchi tempi). Altro 7° posto disastroso ed altro esonero. Arriva l’ex centrocampista nonché ex capitano storico Antonio Conte. Con lui in panchina la Juventus rinverdirà i fasti di gloria che l’hanno contraddistinta in oltre un secolo di storia, ottenendo lo Scudetto della Terza stella, ovvero 30, comprendendo quelli revocati, 28 per la FIGC. Juve che concluderà il torneo imbattuta. Del Piero però, per la prima volta in carriera, dopo 19 anni di onorata militanza, non è più gradito, nonostante la forma non accenni a scemare. Colleziona panchine su panchine, e per il mister è, ben che vada, il terzo cambio, magari da effettuare al 90°. In quei pochi scampoli tuttavia Alex avrà modo di esibire la sua proverbiale linguaccia, che mostra dopo ogni gol da diversi anni, siglando ben 5 gol, tutti decisivi (in primis la punizione alla Lazio che vale una fetta di Scudetto). Ciononostante la dirigenza a fine stagione gli darà il benservito. Per Del Piero l’onore di chiudere da vincente, andando in gol anche nell’ultima partita disputata davanti al suo pubblico, che dopo il cambio (57° minuto) gli tributerà un’ovazione di oltre dieci minuti. Di lui rimangono 705 presenze, 289 gol (44 reti in 92 partite nella massima Europa), trofei a non finire, e la sua figura mitizzata dalle gesta epiche. Come lui non vi sarà più nessuno.

L’AVVENTURA AUSTRALIANA. Svestiti i panni del capitano di mille battaglie con la Juventus, Alex nel settembre 2012 decide di lasciare l’Europa. Una scelta poco condivisibile, viste le grandi condizioni di forma che gli permetterebbero di giocare ancora in un calcio d’alto livello, malgrado i quasi 38 anni. Comunque la scelta è fatta: Del Piero al calcio italico, dopo averne fatto la storia, vi preferisce quello esotico ed affascinante d’oltre Oceano: Oceania, Australia, destinazione Sydney, terra di canguri, koala, e dal 6 ottobre 2012, di Alex Del Piero… L’ex bianconero (come suona strano dirlo) vestirà i panni dell’Ambasciatore del calcio Europeo, in un Continente da sempre avulso dal grande football. Alex dispenserà anche in Australia tutta la sua immensa classe (gol d’antan estremamente spettacolari, e realizzerà pure la prima quaterna in carriera!), ed a chi gli obietta lo scarso livello del campionato dell’A-League possiamo replicare come siano stati tantissimi in passato i campioni che in tornei minori si siano persi, o che comunque ne sono usciti ridimensionati, dimostrando come nulla possa essere dato per scontato: gli esempi più celebri vanno da Toni ad Anelka, e lo stesso Pelè non mi risulta abbia fatto sfracelli in America. E poi certe giocate risultano difficili a prescindere dagli avversari (come certe conclusioni dalla lunga distanza) … e Del Piero ha letteralmente incantato. La sua prima stagione col Sydney la conclude senza qualificarsi ai play-off, ma il suo score è di tutto rispetto, ovvero 24 partite (su 27, sempre dal primo all’ultimo minuto, tranne qualche sparuta eccezione, alla faccia di chi fosse sicuro che non potesse reggere che una decina di minuti a partita) e 14 gol. Nel secondo campionato (in cui sfonda il muro dei 338 gol in carriera, alla cui guardia c’era un certo Meazza…) disputa ancora 24 partite segnando 10 gol (eliminato ai play-off, ai Quarti). Chiuderà col calcio in India, a 40 anni, segnando un ultimo gol (punizione).

UN BILANCIO A LEGGENDA. Il Grande Del Piero nel corso della sua lunga carriera ha vinto tutto, sia in bianconero (infrangendo ogni record di presenze e gol) che in azzurro (dove però non ha sfoggiato appieno la sua classe, specie per il trattamento assurdo riservatogli da molti CT come Sacchi, Lippi e soprattutto Donadoni). Ha sfornato fior di prestazioni, perfino segnando caterve di reti, in ogni manifestazione che si rispetti (44 in Coppa dei Campioni, il miglior juventino di sempre, secondo italiano dopo Inzaghi), non ponendosi alcun limite “logistico” o d’entità, sia che si trattasse di giocare coi favori del pubblico o in trasferte proibitive come all’Old Trafford di Manchester o al Bernabeu di Madrid (memorabile la doppietta del 2008); in Finale di Coppa dei Campioni (di tacco al Borussia Dortmund) o di Coppa del Mondo (River Plate). Tecnicamente Del Piero ha ricalcato le doti di un giocatore offensivo pressoché completo essendo in possesso di qualità balistiche sopra la media, un dribbling secco ed un senso del gol indiscutibile e sorprendente per uno che tatticamente è stato quasi sempre impiegato da seconda punta o addirittura da centrocampista avanzato. La sua duttilità è stata proverbiale specie nella 2^ parte di carriera divenendo un vero e proprio jolly (disposto anche a sacrificarsi in fase di copertura ed alleggerimento difensivo) a disposizione dei vari mister che hanno avuto la fortuna di allenarlo. Famoso anche per il carisma e l’enorme orgoglio il geniale fantasista nostrano ha avuto davvero pochissimi difetti (ad esempio non teneva la palla incollata al piede, ma se lo avesse fatto lo avremmo paragonato a Maradona). Fisicamente tanto atletico quanto potente (qualità e quantità equamente dispensate), tanto spettacolare quanto concreto, coniugando perfettamente l’utile ed il dilettevole. Caratterialmente mai sopra le righe (quasi mai espulso e raramente ammonito), ha avuto i suoi pezzi forti nelle punizioni, nei colpi di tacco, i gol a parabola a rientrare, i rigori, gli assist. Alex ha segnato da ogni posizione ed in qualsiasi modo (poco freddo soltanto quando si trovava solo davanti al portiere), persino di testa si è fatto valere non poco, e mediamente la qualità dei suoi gol è stata superiore persino a Maradona, Cristiano Ronaldo, Platini e Van Basten. Del Piero insomma ha incarnato tutte le qualità di un “numero 10”. Nel 2007, a 32 anni avanzati, è stato premiato con il Golden Foot, indispensabile premio per ogni calciatore che ambisca alla leggenda. Del Piero -strano ma vero- non ha mai vinto il Pallone d’Oro (che avrebbe meritato in più di una circostanza, se non altro come riconoscimento alla carriera) per quella che rimane una delle più grandi “ingiustizie” della storia del calcio. È stato la stella indiscussa (allenatori e media a parte, che invece lo hanno spesso maltrattato) della Juve almeno sino a 35 anni, congedandosi (in verità sarà inspiegabilmente “cacciato” con irriverenza da Andrea Agnelli) da Madama a 37 anni, con lo Scudetto. Per poi ritirarsi dal calcio giocato a ben 40 primavere. Infine una curiosità: la sua esultanza prediletta era quella di fare la linguaccia, usanza propiziata (dopo i 30 anni d’età, guarda caso quando gli allenatori, Capello in primis, iniziarono a… dosarlo) dalle enormi ed ingiuste critiche riservategli dai pseudo opinionisti e giornalisti di turno, molti dei quali lo davano per finito (dopo l’infortunio storico del ’98) a 24 anni, (sì, avete letto bene, 24 anni!!). Abitudine che nel tempo ne ha fatto una prerogativa del numero 10 che coglieva l’occasione di un gol per farsi beffe di tutti coloro che ne osavano criticare lo charme. Negli anni si i tifosi ed i media hanno creato un dualismo (a volte creatosi pure in Nazionale) con Francesco Totti. Ma rispetto al bianconero il giocatore romano, che pure lo supera leggermente tatticamente e nella propensione agli assist, non può di certo vantare il dribbling, ovvero la peculiarità di cui Del Piero è stato forse il maggior interprete italiano assieme a Baggio e Meazza.

UN UOMO DECISIVO NEI MOMENTI DECISIVI. Del Piero è stato spesso decisivo per le sorti della Juventus, non solo globalmente ma proprio nei match clow: nella Coppa dei Campioni ’96 segnò uno dei due gol che schiantarono il Real Madrid ai Quarti, ribaltando lo 0-1 dell’andata; nel 1996 segnò il gol della vittoria in Coppa Intercontinentale; nel 1998 all’Inter segnò il gol (il più bello della carriera?) che valse il quasi matematico Scudetto; sempre nel 1998 segnò 3 reti in Semifinale di andata di Coppa dei Campioni al Monacò (e un altro lo avrebbe segnato nel retourn match); nel 2000-2001 segnò un gol nel match Scudetto con la Roma (l’1-0); nel 2001-’02 segnò il gol Scudetto ad Udine ed il gol (al Milan) che di fatto valse la qualificazione alla Finale di Coppa Italia; nel 2002-’03 segnò contro il Parma la doppietta che valse la Supercoppa di Lega; nel 2002-’03 segnò nelle ultime giornate 2 gol alla Roma ed al Brescia regalando di fatto il Tricolore alla zebra con larghissimo anticipo sui tempi; in Coppa Campioni, lo stesso anno, realizzò un gran gol nella storica partita contro il Real (vinta 3-1), che garantì ai bianconeri l’accesso alla 7^ finale di Coppa Campioni; nel 2004-’05 nel match Scudetto col Milan (squadra a cui ha segnato 7 volte in campionato, di cui 3 dal 2007 al 2011) servì in rovesciata il pallone per il gol di Trezeguet e nel giorno del Tricolore segnò al Parma; nel 2003-’04 segnò un gol fondamentale all’Inter in Semifinale di Coppa Italia, per poi siglare il gol del provvisorio 2-0 nel ritorno della Finale di Coppa Italia alla Lazio: se fosse rimasto quel punteggio sino al 90° si sarebbe andati ai supplementari; nel 2005-06, prima, entrando dalla panchina, segnò il gol vittoria all’Inter, poi nel “d-day” partecipò con un gol alla Reggina alla festa Scudetto, pur entrando negli ultimi minuti (12 gol totali con sole 17 partite da titolare); nel 2007, nel giorno della risalita in A, fece 2 gol, ed altri 2 li aveva messi a segno 7 giorni addietro; nel 2007-’08 segnò in tutte le ultime partite decisive per accedere ala Champions e salvare una stagione altrimenti fallimentare; nel 2008-’09 segnò fra andata e ritorno 3 splendide reti al Real Madrid, qualificando di fatto da solo la Juve agli Ottavi; in campionato con 2 gol al Siena qualificò la zebra alla Champions per il secondo anno di seguito; nel 2011-’12, ormai 37enne, in quei pochi scampoli concessigli, siglò un gol importante al Milan che aiutò i bianconeri a centrare la qualificazione alla Finale di Coppa Italia, mentre in campionato realizzò alla Lazio il gol più importante della carriera in Serie A, trasformando una punizione che così impediva al Milan di sorpassare le zebre in vetta al torneo: senza quella rete probabilmente lo Scudetto avrebbe preso altre vie.

DEL PIERO E LA NAZIONALE. Non è stato un rapporto idilliaco quello di Del Piero e l’azzurro, o almeno non è stato in linea con i suoi parametri da fuoriclasse assoluto. Nelle grandi manifestazioni ha sempre deluso, ed i motivi sono stati molteplici. Agli Europei del ’96 fu impiegato appena 45’ da Sacchi; ai Mondiali del ’98, quello del dualismo con Baggio, è sotto tono a causa di un infortunio rimediato nel mese di maggio che gli aveva condizionato la preparazione; nel 2000 (Europei) è ancora in via di ripresa dopo il terribile infortunio del novembre ’98 (e comunque in Semifinale contro l’Olanda era stato l’unico a darsi da fare in avanti, in una partita che aveva visto gli olandesi schiacciarci nella nostra metà campo). Nel 2002 (Mondiali), dopo aver siglato il gol qualificazione all’Ungheria, siglò un altro gol provvidenziale al Messico, ma poi gli azzurri verranno fatti fuori dalla Corea ed il Nostro non potrà più mettersi in mostra. Nel 2004 non sarà agevolato dalla squadra, poco brillante a centrocampo. Nel 2006, nonostante una condizione sfavillante, gli viene preferito un Totti inguardabile; ciònonostante, in quei pochi scampoli concessigli, dimostrerà la sua classe, ben figurando contro USA, Australia (nonostante un vero e proprio boicottaggio dei compagni che opteranno per un gioco asfittico diretto alle vie centrali, lasciandolo spesso isolato a sinistra) e soprattutto Germania: entra sullo 0-0 e dopo 15 minuti l’Italia scongiurerà i rigori vincendo 2-0 (primo gol propiziato da un suo corner) con Pinturicchio che si fa di corsa tutto il campo per farsi trovare pronto dinnanzi all’assist di Gilardino che gli consentirà di siglare il raddoppio. In Finale, entrando come sempre negli ultimi minuti, siglerà il rigore del 4-2. Agli Europei 2008 sarà impiegato pochissimo da Donadoni… Concluse la carriera in azzurro pochi mesi dopo, con 91 presenze e 26 gol, 5° marcatore di sempre fra gli azzurri.

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