Accoglienza immigrati… do ut des.

di Grazia Nonis. Non so voi, quando io ospito qualcuno a casa mia, ed il soggiorno si prolunga oltre i canonici tre giorni, chiedo collaborazione e aiuto nella gestione della vita in comune. Non gli lavo mutande e calzini, non gli rassetto la stanza e non gli porto i vestiti in tintoria.
Non prendo le ordinazioni per il pranzo e cucino come d’abitudine. Mi aspetto che il mio ospite sparecchi mentre io lavo i piatti e preparo il caffè. Io non devo essere la serva del mio ospite, e viceversa. Quindi, sono rimasta di sasso di fronte all’indignazione generale seguita all’affermazione dell’Angelino: “Dobbiamo chiedere ai Comuni di applicare una nostra circolare che permette di far lavorare gratis i migranti, invece di farli stare lì a non far nulla che li facciano lavorare”. Quest’uomo non mi piace, e non certo da oggi, ma stavolta ha centrato il problema e ha detto la cosa giusta.  Strano, non ci si aspetta mai che esca dagli schemi o che faccia un commento costruttivo. E proprio per questo motivo, lancia in resta e apriti o cielo, gli siamo saltati addosso come belve inferocite. Alla gogna con vergogna per il suo “lavorare gratis”. Giammai! Ma benedetta gente: li andiamo a salvare in mezzo al mare, li curiamo, li sfamiamo. Paghiamo le cooperative (!) che si occupano dell’erogazione dei pasti, pulizia, igiene ambientale, disinfezione, raccolta e smaltimento rifiuti. Cosa chiediamo loro in cambio? Nulla. Li facciamo oziare, bighellonare per le strade, stravaccare sulle panchine dei parchi, chiedere l’elemosina ai parcheggi o davanti agli ospedali. Alcuni di loro praticano l’arte del Michelasso, mangiare bere e andare a spasso e si adagiano pensando che sia meglio oziare al sole che lavorare all’ombra. Altri, stufi del dolce far niente, vanno alla ricerca di un lavoro che non troveranno mai. Allora basta ipocrisie. Fintanto che i saccenti del buonismo ce li porteranno a frotte, andandoli a prendere direttamente sul bagnasciuga libico facendo ciao ciao con la manina agli scafisti, sarebbe giusto che i clandestini contribuissero al proprio mantenimento e alla propria gestione. Che si lavino la biancheria, puliscano e tengano in ordine le loro stanze. Si armino di scopa e paletta per tenere linde le strade delle nostre città, potino gli alberi, raccolgano le foglie in autunno e spalino la neve in inverno. Insomma, si diano da fare e contraccambino l’ospitalità, anche se la nostra, siamo sinceri, non è dettata da italica generosità, ma obbligata dalla dittatura europea che ci rifila scappellotti se non corriamo a prelevare i clandestini direttamente dalle bagnarole dei maledetti mercanti di umani. Europa che s’indigna se non li vogliamo ma tace se i paesi confinanti li respingono. Come i nostri politici dalla pancia piena e i soliti sciocchi snob dei salotti buoni. Incluso il Papa che ovviamente fa il suo lavoro, ci mancherebbe… ma si comporta da vicino di casa impiccione: quello che sbircia da dietro la finestra e controlla chi entra e chi esce da casa nostra, senza permettere a noi di fare altrettanto. E poi finiamola coi soliti paragoni tra i nostri vecchi migranti e l’attuale invasione di massa: parliamo di un periodo storico ed economico totalmente differente. America ed Europa erano alla disperata ricerca di manodopera e gli italiani potevano offrirla. Pochissimi diritti, tanti doveri e nessuna ospitalità gratuita. Inoltre, non dimentichiamoci che i disgraziati che arrivano quotidianamente nel nostro paese si dichiarano (tutti) in fuga da guerre o optano per la storiella del rifugiato. Balle, i dati affermano che solo il 10% ha i documenti in regola per ottenere l’asilo politico. L’altro 90% è alla ricerca di un’occupazione. Ma il lavoro, questo sconosciuto, non abita più qui e non si sa quando e se potrà tornare. Probabilmente è in attesa del visto… Quindi, fintanto che il delirio dell’accoglienza a tutti i costi rimarrà tale, è d’obbligo chiedere in cambio qualcosa: olio di gomito e collaborazione. Che ci aiutino ad aiutarli, evitando le solite ipocrisie dei soliti ipocriti.

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