La vita in piazza.

di Pier Giorgio Tomatis. In preda al “blocco dello scrittore”, nell’arco di una sola settimana, Irene si lascerà coinvolgere in tutta una serie di avvenimenti tragicomici che la porteranno a scoprire l’essenza stessa della vita. Assieme a Beatrice, Otilia, Adele, Ornella, Pervinca, Simona, Geronimo, Gualtiero e tanti altri esseri umani (e un bel po’ di gatti!) si troverà infatti “presa” in una rete di comunicazione vera e socialità reale che la faranno sentire davvero viva. È un romanzo che ci aiuta a capire quanto la nostra vita possa essere profondamente social anche senza Facebook, Instagram, LinkedIn, ecc.

“Perché è bello sapere che c’è vita in piazza. Vita vera”

Irene ha scritto un libro raccontando i problemi e le vicissitudini delle sue amiche Betta, Adriana, Rossana, Ghita ed Emy, ovvero il gruppo auto nominatosi Club del Ventaglio, una sorta di fan club che si ritrova ogni due settimane per una cena durante la quale le amiche si raccontano i vari problemi della vita di tutti i giorni, famigliari, finanziari, di salute, cercando di trovare soluzioni con metodi non sempre convenzionali.

Sull’onda dell’insperato successo del suo volume, nonostante le amiche non le abbiano perdonato di aver usato in modo così palese le loro storie e disavventure, Irene ha chiesto il pensionamento anticipato per dedicarsi interamente alla scrittura. Suo malgrado deve però affrontare il blocco dello scrittore, che si rivela essere una bella gatta da pelare (anche se di gatte reali Irene ne ha una, la sua adorata Agatha, con la th come la Christie, i cui pensieri ogni tanto appaiono tra pagine del romanzo) visto che tutti i trattamenti per rinverdire la sua creatività sembrano miseramente fallire.

Inizia così “La vita in piazza” di Maria Concetta Distefano, una storia che si sviluppa nell’arco temporale di una settimana e che coinvolge Irene e molti altri personaggi femminili. È, infatti, una narrazione “femminile” sotto molti punti di vista: innanzitutto le altre coprotagoniste sono tutte donne di diverse età, come la giovane moldava Otilia nata in Italia che si impegna per poter completare il suo corso di studi e l’anziana signora Pervinca che soffre di depressione e abita in un grande appartamento dopo aver trascorso gran parte della sua vita in Toscana. Ci sono donne con problematiche personali e di cuore come nel caso di Simona, la commessa della pasticceria che vorrebbe dimagrire e trovare la sua anima gemella e Ornella che spera in un rapporto più definitivo con il suo fidanzato, e donne creative ma dai mezzi economici insufficienti, come Beatrice la pittrice che, per mantenersi è costretta a subaffittare una stanza del suo appartamento e a accettare richieste di opere su commissione.

Nonostante la diversità delle loro situazioni e dei lori caratteri, però, ad unire le loro vite è piazza Risorgimento a Torino, il luogo dove vivono o lavorano e, nel caso di Irene, dove è possibile riflettere e cercare soluzioni ai vari problemi. riuscendo inconsapevolmente ad aiutarsi e ad interagire in modi inaspettati.

“La vita è forse una serie di coincidenze il cui nesso profondo ci sfugge. Se ce n’è uno, almeno”

È proprio Irene la vivace scrittrice che, nel tentativo di ritrovare la vena creativa, diviene il motore principale di tutto quanto accade nel romanzo, un po’ perché è una ficcanaso (a detta della sue amiche) e un po’ perché il caso o il fato ci mette lo zampino, ma soprattutto perché con il suo modo di vivere e di vedere le cose è una vera dispensatrice di consigli che riescono a convincere le altre a guardare al di là del quotidiano e dei problemi e che, a detta di tutti, non a caso riuscirà a diventare l’angelo che porta la luce nelle vite delle persone a cui, per un modo o per l’altro, è legata.

Particolare è anche il fatto che le figure maschili siano dipinte a tratti lievi e per nulla definiti, persino del marito di Irene sappiamo solo che è in Germania per lavoro e nulla più, tranne nel caso del professor Geronimo, un anziano signore, che vive nello stesso palazzo di Irene, molto discreto e raffinato, che, sempre con l’aiuto della onnipresente scrittrice, riuscirà a dare una svolta alla sua vita e iniziare una nuova esistenza molto più felice e piena d’amore. Alla mancanza di forti figure maschili, si contrappone invece la presenza di moltissimi gatti e gattini la cui funzione, oltre a quella tipica dei felini, ovvero di farsi coccolare e di farsi riempire la ciotola di crocchette, è quella di trait d’union per avvicinare le persone le une alle altre.

Nelle pagine de La vita in piazza, molti sono i caffè offerti e bevuti, molte le corse sul tram, molte le piante e i fiori e molte le coincidenze il cui nesso sfugge alle protagoniste, ma che alla fine porta a un happy ending con lo sblocco della scrittrice, che, come a chiudere un cerchio, inizia a scrivere le avventure che noi lettori ci apprestiamo invece a finire di leggere.

La scrittura della Distefano ricorda quella dello scrittore McCall Smith, con quel ritmo, lento ed aggraziato, che però riesce a mantenere sempre viva la lettura. In La vita in piazza, inoltre, i cambi del punto di vista aiutano a rendere più chiara la visione d’insieme delle varie peripezie sia di Irene che delle altre, mentre l’inframezzare di espressioni in inglese e di piccole note erudite alle volte risultano forse un po’ troppo “forzate”.

Rimane comunque un gradevolissimo romanzo dall’atmosfera un po’ démodé, dove la tecnologia c’entra molto poco, i computer infatti sono tutti un po’ datati e dove i cellulari sono innanzitutto uno strumento per telefonare e al più per inviare messaggi whatsapp, visto che il punto di forza sono e rimangono solo i contatti umani.

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